IL RUMORE DEL SILENZIO

Ariel volse il vuoto sguardo verso l’asfalto, la testa leggermente piegata di lato. Era la sera di Halloween, quella. L’avevano praticamente costretta a partecipare ad una festa. Una stupida festa. Ci sarebbero stati scherzi, altrettanto stupidi e per niente paurosi.


*Silenzio. Solo silenzio. Completo silenzio.
No, un rumore c’era. Passi. Solo il rumore soffocato delle scarpe da tennis sull’asfalto. Nient’altro.
Le strisce bianche, tratteggiate sulla strada, si susseguivano. Una identica all’altra. Uguali. Tutte uguali.

Ariel volse il vuoto sguardo verso l’asfalto, la testa leggermente piegata di lato. Era la sera di Halloween, quella. L’avevano praticamente costretta a partecipare ad una festa. Una stupida festa. Ci sarebbero stati scherzi, altrettanto stupidi e per niente paurosi.
La ragazza stava per arrivare alla casa dove si sarebbe tenuta la sua tortura: odiava le feste, e in modo particolare Halloween. Fantasmi, spiriti.. quante stupidaggini!
Sollevò lo sguardo. Un ragazzo. C’era un ragazzo, lì davanti a lei. Stava osservando la casa di fronte a lui, ma si voltò subito a guardare Ariel. Le rivolse un leggero sorriso.*

Chi è?

*Pensò, mentre ricambiava il sorriso. In quel momento, però, il ragazzo sparì. Di colpo. All’improvviso.
Ariel aggrottò le sopracciglia. Ma dove era finito? Guardò il punto in cui fino ad un secondo prima si trovava la figura, avvicinandosi pian piano. Di nuovo quel silenzio.
Un attimo dopo, un rumore interruppe la quiete. La ragazza si voltò di scatto, mentre un leggero vento iniziava a danzarle intorno e a scompigliarle i capelli corvini. Il ragazzo di prima stava entrando nella casa in cui si sarebbe dovuta tenere la festa. Guardava Ariel con occhi vuoti ma affascinanti, e sempre quella specie di sorriso sul volto pallido.
Di nuovo. Era sparito. Ancora. Ma dove?
La ragazza raggiunse la porta, mentre quell’inquietante silenzio l’avvolgeva nuovamente, come in un abbraccio.
Suonò il campanello, con le mani tremanti. Perché tremava, poi?*


Ma chissà chi è, quel ragazzo..

*Si chiese nuovamente, aspettando che qualcuno aprisse la porta.
Ma nessuno lo fece.
Il suo istinto le disse di andarsene via, dapprima, ma in un secondo momento qualcosa le disse di entrare. Forse, la voglia di rivedere quella strana persona che continuava a scomparire.
Lentamente, aprì la porta ed entrò nella casa, seguita dal solito silenzio che cominciava a temere.
BUM! La porta si richiuse all’istante. Con un tonfo.

Il fiato di Ariel divenne pesante, i respiri profondi e veloci. C’era qualcosa di angosciante, lì. Lo riusciva ad avvertire.
Cercò a tastoni l’interruttore della luce, poiché il buio la circondava. Non riuscendo a trovarlo, si convinse di aver sbagliato casa. Stava per riaprire la porta, quando una lampada nell’angolo della stanza si accese, illuminando il solito volto pallido del ragazzo.
Ariel restò incantata a fissarlo, non riuscendo a nascondere il sorriso che le nasceva spontaneamente ogni volta che lo rivedeva.
Voleva chiedergli perché spariva sempre, ma in quel momento importava solo stare lì, ferma a guardarlo.
La figura, salì lentamente le scale che portavano al piano superiore. La ragazza dai capelli corvini, la seguì con un’espressione piuttosto ebete dipinta in faccia.
Mentre le sue scarpe da tennis salivano i gradini, poteva sentire distintamente dei sussurri. Erano dappertutto. Intorno a lei. Quei bisbigli le entrarono nella testa, la invasero. Si tappò le orecchie, continuando però a salire le scale, cercando di far andar via quei rumori. Rivoleva quel silenzio assoluto, stava per impazzire! Basta!*

BASTA! VI PREGO!

*Urlò con voce quasi isterica. Tutto si fermò. I sussurri cessarono. Il silenzio tornò.
Era arrivata in cima alle scale. Il ragazzo stava uscendo su un balcone.*

Aspetta! Non andare!

*Esclamò, speranzosa. Non voleva perderlo di nuovo di vista, no!
Lo raggiunse sulla terrazza, appena in tempo per vederlo cadere giù.*

NO!

*Urlò disperata, aspettandosi di sentire il rumore del corpo che cadeva a terra. Ma quello non arrivò.
Tremando come non mai, si sporse per guardare di sotto. Era piuttosto in alto.
Erba. Ecco cosa c’era. Soltanto erba. Nessun corpo.
Ma ormai Ariel aveva capito: si era innamorata di un fantasma. Lei, che non aveva mai creduto negli spiriti, si era innamorata di uno di essi.
Smise di colpo di tremare e mentre un’idea si impadroniva di lei, piegò leggermente la testa di lato, fissando il vuoto.
Non voleva davvero perderlo più. Lo avrebbe finalmente conosciuto, e sarebbe stata accanto a lui sempre.

Sorridendo, scavalcò la ringhiera e si abbandonò tra le braccia dell’aria. Cadde a terra sempre con il sorriso sulle labbra. Gli occhi azzurri fissavano un ramo dell’albero davanti a lei.
Si addormentò per sempre, mentre il rumore del silenzio l’attorniava nuovamente.*