4 settembre - Il figlio della notte

20,58 - Giardino
PG:


Passeggiare di sera, nell'oscurità della notte, avvolto dal mio mantello, era una mia specialità. Ma soprattutto, rinnovava il mio spirito e il mio essere.
Non sapevo come, ma sembrava che i flussi lunari e l'oscurità naturale della notte, mi donassero una nuova energia ogni sera. Energia che durante tutto il giorno, diminuiva gradualmente.
Arrivavo alla sera, quasi stremato dalle forze, e appena mettevo piede fuori dal castello e il buio toccava la punta delle mie scarpe, mi sentivo rinvigorito.
Seppure con una certa riluttanza, avevo chiesto un 'parere' a Madama Chips, il secondo anno in cui ero ad Hogwarts, su quel mio stato. Insieme cercammo di capire cosa potesse rendermi così...'strano'. L'unica conlcusione che riuscimmo a trarne, era che fosse dovuto alle mie discendenze Banshee. Nessuno sapeva molto su di loro, ma si sospettava che il loro aspetto così spettrale e la pelle chiara, fosse dovuto al buio della notte, del quale si 'nutrivano'.
La prova ne fui io, ma non lasciai che facessero altre indagini su di me: non volevo di certo diventare una cavia su cui sperimentare e fare test.
Madama Chips sembrava capirmi, ma decisi lo stesso di non darle molta confidenza. Era meglio per entrambi.
Dunque, mi bastava uscire di notte e restare nel suo abbraccio oscuro, per riprendere le forze. Di notte acquistavo forza, rispetto al mattino, in cui ero visibilmente più fragile e debole. Era come se respirassi di nuovo aria, dopo essere stato in apnea per tutto il giorno.
Arrivai a passi lenti sulla riva del lago nero, mi poggiai con la spalla affianco ad un albero *eccoci qui...ancora*
A quell'ora nessuno passeggiava lì vicino, e un pò mi dispiaceva. Seppur non sapessi di cosa avrei potuto discutere con qualcuno, visto che non ero abituato a grandi conversazioni con le persone, sarei stato ben felice della compagnia di qualsiasi creatura vivente.
Ma ovviamente, vedere una persona oscura che si aggira nel giardino, vicino al lago, non invoglia a passeggiare lì vicino. Solo le coppiette 'osavano' tanto, ma forse solo perchè non avevano molta scelta per stare soli e senza seccature.
Mi strinsi nel mio mantello, coprendo ogni parte del mio corpo, e alzai il cappuccio.
Ero così abituato alla mia notturna vita solitaria, da non farci più caso e da non desiderare oltremodo la presenza di qualcuno. Se la fortuna un giorno avesse voluto posarsi su di me, avrebbe portato qualcuno ad avvicinarsi e a dirmi anche un semplice 'ciao', senza doppi scopi - come quello di farmi spostare di lì perchè levavo la privacy, o per chiedere l'ora - ma per pura voglia di conoscermi.
Mi sedetti per terra, chiusi gli occhi e posai la testa sul tronco dell'albero, assaporando il silenzio e la dolce brezza notturna.

Damien MacWallace,
VI anno, Serpeverde