I'm here


“La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro:
leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare„

Arthur Schopenhauer

“Nei sogni entriamo in un mondo che è interamente nostro”, diceva una certa persona. Ma come il mondo reale, spesso anche quello dei sogni è incontrollabile. Ciò che si sogna appartiene alla propria mente, questo è certo, ma ciò non significa necessariamente che se ne abbia il comando.
Lei non voleva trovarsi lì, eppure c’era. Voleva svegliarsi, sapeva che quello era solo frutto della sua immaginazione, eppure continuava a scendere, sempre più in profondità. Voleva potersi muovere, girarsi e tornare verso la luce, che invece si faceva sempre più lontana, a volte scomparendo per qualche istante lasciandola nell’oscurità più completa. Vedeva piccole bolle d’aria fluttuare verso l’alto senza controllo, estirpando ogni traccia d’ossigeno dai suoi polmoni.
Era chiaro che quello era solo un sogno. A quelle profondità gli organi avrebbero già dovuto cedere e ormai l’aria sarebbe dovuta essere finita da un pezzo. Invece continuava a sprofondare. Cercava di ribellarsi, ma era in balìa delle correnti del sogno, che la trasportavano negli abissi di quell’oceano fittizio.
Pian piano, la luce proveniente dalla superficie scomparve nel nulla, lasciandola nel buio assoluto. Ora, privata della vista, non aveva alcun punto di riferimento. Anche il senso di caduta svanì. Galleggiava nel Nulla.
Poi toccò terra. Scivolò dolcemente su una superficie invisibile. O forse era lei che ormai non vedeva più nulla? Non seppe rispondersi.
Si alzò dopo alcuni tentativi, scivolando sulle gambe intorpidite. Intorno a lei, il Nulla continuava a essere il padrone. Prima che la mente potesse decidere alcunché, il corpo si mosse. Camminò. Il tempo nei sogni è qualcosa di assolutamente astratto. Per la ragazza furono giorni, nella realtà, forse, solo qualche minuto.
Infine, qualcosa si mosse nell’oscurità. Vederlo era impossibile, ma lei riuscì a percepirlo. Sembrava fatto della stessa materia del mondo che la circondava, eppure era allo stesso tempo differente, come se avesse un'altra densità. Riusciva a percepire i suoi movimenti, ma non avrebbe potuto descriverlo in alcun modo. L’Essere sembrava rotearle intorno, una presenza calda e strisciante che la fece sudare freddo. Benché la mente fosse bloccata, inorridita e terrorizzata, il corpo continuava ad andare avanti, ora con una lentezza estenuante.
Camminò. La presenza continuava a seguirla, scivolando nel Nulla da cui era stato generato. La ragazza aveva ormai superato lo shock ma l’Essere continuava a inorridirla e il suo solo pensiero, al momento, era scappare, ma il corpo continuava a non risponderle. Mentre l’Essere si muoveva intorno a lei, mentre temeva di dover rimanere prigioniera di quel sogno eterno, comparve ciò che per lei più si avvicinava alla salvezza.
A mezz’aria, di fronte a lei, si era pian piano delineata una forma. Una piuma, di un candore abbagliante nell’oscurità del Nulla, galleggiava senza peso. In quel momento, il corpo le rispose per la prima volta. D’istinto la ragazza mosse il braccio e afferrò la piuma, entusiasta di sentirla solida sotto le dita. Se la rigirò fra le mani, esaminando l’unica forma presente in quell’infinito mondo.
Erano solo lei e la piuma.
E l’Essere.
Se ne era quasi dimenticata e, a quanto pareva, alla cosa non piaceva essere ignorata. La ragazza la percepì al suo fianco, immensa eppure solo a pochi centimetri da lei. Avrebbe potuto allungare un braccio e toccarla ma non si mosse. Rimase invece aggrappata alla piuma come se fosse la sua ultima speranza.
Percepì la creatura avvicinarsi ancor di più, fino a sentirne il fiato caldo sul collo.
Il suono le arrivò dall’altro lato.
«Sono qui».
La piuma divenne improvvisamente nera e spenta. Il Nulla riprese il sopravvento. Gli Esseri si mossero.
Lily urlò.

I ragazzi che si erano radunati nello scompartimento avevano guardato Lily Evans assopirsi, sorridendo al pensiero che, solo l’anno precedente, non si sarebbe mai potuta addormentare sapendo che i Malandrini erano giusto accanto a lei. Ma l’anno precedente aveva cambiato molto il modo di pensare della Grifondoro.
Gli altri avevano quindi continuato a scherzare come se niente fosse, consapevoli che il sonno pesante della ragazza li avrebbe aiutati. Dopo non molto, però, Emmeline aveva cominciato a capire che c’era qualcosa che non andava.
Lily aveva cominciato ad agitarsi nel sonno e a mugugnare leggermente. L’amica l’aveva allora scossa un po’, tentando di farla riemergere dai suoi sogni quel tanto che bastava da potersi calmare. Lily non aveva fatto una piega e, anzi, aveva cominciato a mormorare parole incomprensibili e a sudare visibilmente. Emmeline aveva allora aggrottato le sopracciglia, preoccupata, e aveva provato a muovere di nuovo l’addormentata, questa volta con un po’ più di forza. Come se non avesse fatto nulla.
«Tutto bene?» aveva chiesto James, osservando attentamente la rossa. Emmeline scrollò le spalle. Mike si avvicinò a Lily e le prese una mano.
«È gelida» disse. Ormai lo sguardo dei presenti era puntato sulla ragazza.
«Lily?» chiamò Emmeline, provando a svegliarla. «Lily?».
In altre occasioni, nessuno si sarebbe preoccupato in quel modo. Avrebbero lasciato che la ragazza terminasse il suo sogno, pur brutto che fosse, e poi sarebbe stato tutto dimenticato. Ma l’incubo che sembrava avere in quel momento pareva averla indebolita anche fisicamente: in pochi secondi aveva perso colore e ora il sudore le incollava i capelli rosso fuoco alla fronte.
Mentre Mary si stava avvicinando a Lily per esaminarne le condizioni, questa si svegliò improvvisamente, emettendo un urlo strozzato. Nessuno parlò, lasciando che la ragazza si riprendesse. Ansimava faticosamente e aveva gli occhi sgranati.
«Lils» sussurrò gentilmente Mike, chinandosi verso di lei. «Come stai?».
Lily annuì più volte ma ancora guardava a terra e non riusciva a parlare. Deglutì.
«Sto bene» mentì. Poi alzò lentamente gli occhi su di lui che la vide aggrottare le sopracciglia con sospetto. Accanto a lui James si torturava le mani e fissava la ragazza, come se si stesse trattenendo dal fare o dire qualcosa.
«Sicura di stare bene, sorellina?» chiese nuovamente Michael. Lily, per un solo e brevissimo istante, sembrò terrorizzata. La ragazza annuì di nuovo e si alzò, tremando leggermente.
«Dove vai?» chiese Mary, cercando di tenerla seduta perché non si sforzasse.
«In bagno» rispose Lily, scansando l’amica e uscendo dallo scompartimento.
Emmeline si alzò e la seguì. «Meglio seguirla».
Mary annuì e, dopo un leggero bacio a Sirius, seguì le ragazze.

Nessuno, in quel momento, avrebbe potuto capire appieno come si sentiva Lily. In un turbine di confusione e paura, la ragazza non riusciva a smettere di ricordare l’orrida presenza dell’Essere che le aveva sussurrato all’orecchio.
«Sono qui».