1. Sguardi, Pietre e Gorgosprizzi

Tra studi e ricerche, Baryn continua a chiedersi il perché di un tale comportamento da parte di Draco. Uno scontro con Tiger e Goyle finisce con l'intervento di Malfoy.


«Bathilda Bath!» Disse il Grifondoro di fronte al ritratto della Signora Grassa, che gli sorrise e mostrò il varco per la Sala Comune dei Rosso Oro. Era tardi e il fuoco della Sala si era notevolmente affievolito; solo qualche carbone ardeva ancora, ma la fiamma era così debole da vedersi appena. Baryn si lasciò andare su una delle poltrone rosse e morbide e gettò il capo all’indietro, poggiando il collo sullo schienale. Guardò il soffitto per diversi istanti e sentì il respiro diventare sempre più regolare e calmo. Chiuse gli occhi e assaporò il silenzio che c’era. Era difficile, in una scuola come quella di Hogwarts, trovare un posto, un momento per stare totalmente da soli, in silenzio. L’entusiasmo dei ragazzi del primo anno bastava a riempire di voci e risate tutto il castello: l’unica fortuna era che poi quell’entusiasmo scemava, specialmente durante gli esami, dove poche erano le occasioni di urlare per i corridoi; per farlo si preferivano le torri del campo di Quidditch.


Un profumo inconfondibile arrivò dopo qualche istante, poi un tonfo proprio accanto a Baryn. I capelli castani andarono a solleticare il viso del giovane che accennò ad un sorriso.


«Granger, non dovresti essere sveglia a quest’ora.» Disse, mantenendo gli occhi chiusi. «Non riesci a dormire?»


«In realtà, stavo finendo di studiare. Ho sentito il ritratto muoversi e ho dato un’occhiata. Va tutto bene, Baryn?» La ragazza, sempre molto diretta, parlava sottovoce. Probabilmente aveva compreso che non era un bel periodo per il giovane Grifondoro. I due erano sempre stati amici, fin dal primo anno. Non come con Harry e Ron, con i quali passava la maggior parte del suo tempo, ma Hermione era stata una delle poche persone ad essere stata sempre presente per lui. Nonostante la sua grande reputazione da chiacchierona, coltivata fin dai primi anni, spesso gli era semplicemente rimasta accanto, in silenzio, solo per stargli vicino.


Baryn sospirò e avvicinò la testa a quella della ragazza, mentre la stringeva in un abbraccio. Rimase così per un po’, prima di schiarirsi la voce.

«Non va proprio tutto bene… Spero solo che la situazione si risolva.» Hermione, intenerita, abbracciò a sua volta il compagno di Casata.


«C’entra…» Sussurrò. Baryn aprì gli occhi e si rivolse all’amica con uno sguardo più che eloquente, che provocò il silenzio della ragazza. Si fissarono per qualche istante prima di scoppiare a ridere entrambi. Hermione gli sussurrò che si sarebbe sistemato tutto e Baryn le diede un bacio sulla fronte, prima di salire la scala a chiocciola che portava ai dormitori maschili. I suoi compagni erano già a letto da un po’ e, come al solito, Cormac aveva lasciato la sua lampada accesa. Baryn sorrise: non aveva ancora capito se lo facesse per semplice distrazione o se avesse davvero paura di dormire con la luce spenta. Il ragazzo si avvicinò e soffiò sulla fiamma per estinguerla. La luce lunare penetrava serena e silenziosa nella stanza. Sbottonò lentamente la camicia e la ripose sul portabiti appeso all’anta del suo armadio. Sfilò i pantaloni e li piegò, posandoli sul suo baule e si avvicinò alla finestra. In quel momento la luce della luna rischiarava il suo corpo: le braccia nerborute scendevano lungo il corpo pallidamente illuminato e la muscolatura appariva ancor più tonica. Il collo, slanciato, era teso verso l’alto mentre gli occhi fissavano il cielo. Era sereno, pieno di stelle. Tra le costellazioni che aveva imparato a riconoscere vide l’Orsa Minore e d’istinto il suo sguardo si spostò su un gruppo di stelle vicine. Sfiorò il tatuaggio che aveva sul collo e strinse il pugno sul davanzale della finestra. Rimase lì per diversi minuti, ad osservare il cielo. Ora che il suo sguardo si era abituato al buio, le stelle apparivano ancora più luminose. La volta celeste era straordinaria. Ogni volta che Baryn si fermava ad osservare gli astri, ritrovava la pace e la concentrazione; in quell’ultimo periodo, però, non era stato così: la pace arrivava solo quando il cielo era scuro e coperto ed egli cercava insistentemente di nascondere i suoi pensieri tra quelle nubi, perché potessero venirne così offuscati.


I due rintocchi sordi dell’orologio riportarono Baryn nel suo dormitorio: quelle che a lui erano sembrati minuti erano in realtà delle ore e il ragazzo decise di andare a coricarsi. Quella notte lasciò le tende del baldacchino aperto: dal suo letto, il più vicino alla finestra, riusciva ancora a vedere le stelle. Si addormentò guardando quel piccolo gruppo di astri che aveva individuato prima, sussurrando un leggerissimo “Buonanotte” al vento.




La prima lezione della mattinata era quella di Erbologia. Baryn si sedette in uno degli angoli della tavolata al centro della serra e attese la professoressa Sprite. Quel giorno la materia di studio sarebbe stata la Tentacula Velenosa. La pianta era di fronte alla classe e dislocava i suoi tentacoli con movimenti lenti e sinuosi, quasi fossero serpenti incantati dal suono di un pungi. Baryn osservò le loro oscillazioni come ipnotizzato e iniziò a scarabocchiare qualcosa sulla pergamena.


«È straordinario.» Hermione guardava lo straordinario disegno della pianta che il giovane Grifondoro aveva realizzato in pochi istanti. Baryn sorrise alla ragazza che prese posto poco lontano e subito dopo la professoressa Sprite entrò nella serra. Indicò la pagina di “Mille Erbe e Funghi Magici” che descriveva la Tentacula Velenosa e iniziò ad elencare tutte le proprietà della pianta, le accortezze che il Ministero aveva stabilito e il modo di combattere eventuali intossicazioni. Citò Derwent Shimpling, unico sopravvissuto dopo aver mangiato una Tentacula Velenosa e continuò a fare lezione per tutta la mattinata. Baryn prese appunti cercando di concentrarsi solamente sulla lezione, distogliendo continuamente lo sguardo dai suoi compagni: gli sembrava che tutti lo stessero fissando, eccetto la persona che avrebbe voluto lo facesse.


La Sprite quella mattina si concentrò soprattutto sull’uso dei semi e su come piantarli per far crescere il vegetale nel modo più corretto – e letale – possibile. Baryn infilò i guanti in pelle di drago e iniziò a trafficare con il terriccio e a infilare i semi a circa dieci centimetri dal fondo. Bagnò la terra con una soluzione di acqua e sali vari e aggiunse lo sterco di drago, il fertilizzante preferito dalla Sprite. Ripose il vaso poco lontano, accanto alle finestre della serra: per le prime settimane avrebbero allevato la loro Tentacula Velenosa per assisterne ogni fase della crescita e apprenderne al meglio le proprietà. Agitò la bacchetta per ripulire la sua postazione e si avviò verso il Castello. Il vento era piuttosto freddo, sebbene soffiasse debolmente, facendo svolazzare i capelli castani del giovane Grifondoro. Nell’aria si sentiva odore di pioggia. Baryn attraversò l’imponente ingresso di Hogwarts e salutò il signor Gazza che, come sempre, rispose con un borbottio incomprensibile. Non aveva molta fame, quindi salutò i suoi compagni che camminavano verso la Sala Grande e si diresse al terzo piano, entrando nella biblioteca. Fece un cenno con la testa a Madama Pince che lo guardò con gli occhi scuri e sottili, avvicinando un dito magro e affusolato alla sua bocca, ricordando al giovane di fare silenzio. Baryn prese posto in un tavolo solitario e tirò fuori i suoi appunti di Difesa contro le Arti Oscure delle settimane precedenti e il sesto volume del Manuale degli Incantesimi. Iniziò a confrontare la teoria con la spiegazione del professor Piton. L’esercitazione in classe, il primo giorno di scuola, era andata piuttosto bene ed era riuscito a respingere con successo la fattura ustionante che un gradasso dei Serpeverde gli aveva lanciato. Gli era costato molta fatica, in quanto non sapeva cosa quel teppista avesse in serbo, ma le lezioni di Harry dell’anno precedente avevano dato i loro frutti e il Verde Argento si era ritrovato con la pelle irritata al punto da non poter sopportare più il contatto dei vestiti. Piton aveva concluso in quel momento la sua lezione, procedendo con l’Incantesimo Cura Ferite per alleviare il dolore di quell’idiota. Fu un miracolo che non avesse tolto punti ai Grifoni come era solito fare. Prese la sua bacchetta e pose la sua piuma di fronte a lui: cercò di visualizzarla mentre si congelava, dalla punta fino alla parte superiore, e così agitò la bacchetta senza emettere nessun suono. La penna d’oca iniziò a scricchiolare e, dalla punta, il ghiaccio salì verso l’apice della piuma. Baryn sorrise, dicendosi, tuttavia, che quello era un incantesimo semplice. Avrebbe voluto testare gli incanti non verbali in una vera battaglia: sarebbe stato entusiasmante. Magari avrebbe chiesto ad Hermione.


Finite Incantatem”, pensò il giovane, e il ghiaccio scomparve, riportando tutto alla normalità. Continuò a studiare Difesa per le ore successive, ripassando gli incantesimi offensivi e difensivi degli anni precedenti e la teoria degli incantesimi non verbali, in modo da poter utilizzare al meglio ciascuno di essi. Gli piaceva molto la materia, e iniziò a sfogliare a caso il libro nella speranza di trovare qualche incantesimo interessante, ma la noia ebbe il sopravvento. Decise di dirigersi nella sua camera e iniziò a salire le scalinate infinite che portavano ai piani superiori. Salutò con un ampio gesto della mano il fantasma di Nick Quasi-Senza-Testa, che ricambiò muovendo il suo capo a mo’ di cappello e continuò a salire, arrivando al corridoio della Signora Grassa. Con la coda dell’occhio vide Malfoy passare rapido poco lontano da lì. In sette anni, Malfoy non si era mai avvicinato a quel piano, se non quando, con la Umbridge, avevano distrutto il muro della… era l’unico motivo plausibile. Si diresse verso l’arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll e sbirciò da lontano. Malfoy non c’era, tantomeno la Stanza delle Necessità. Era già entrato? Non c’era modo di scoprirlo, se non quello di star lì ed aspettare, ma la Stanza Va-E-Vieni più volte aveva offerto uscite secondarie agli studenti; era tutto inutile. E poi non era cosa certa che Malfoy fosse lì. Magari era solo andato in aula di Aritmanzia. Baryn sorrise all’idea.

>Malfoy e l’Aritmanzia. Certo.
Nonostante il silenzio del Serpeverde iniziasse a dargli sui nervi, Baryn tornò verso la Sala Comune di Grifondoro. Entrò e salì rapidamente la scala a chiocciola fino al suo dormitorio e lasciò lì la tracolla carica di libri e pergamene. Aveva studiato abbastanza e di fuori il sole, o meglio, quel pallido bagliore che cercava di farsi spazio tra le nuvole cineree stava calando. Il ragazzo allentò un po’ il nodo della cravatta, prese la bacchetta dalla tracolla e la ripose nel taschino della sua divisa, avviandosi verso la Sala Grande. Giunto al secondo piano, vide da lontano un ragazzino saltare su e giù per afferrare un libro svolazzante. Baryn sorrise al pensiero di quel ragazzino un po’ impacciato alle prese con libri magici che vivevano di vita propria: probabilmente era un Nato Babbano che non era abituato a volumi fluttuanti e scale che decidevano di farti tardare per le lezioni o per i tuoi appuntamenti. Stava per scendere verso la Sala Grande, quando vide un ragazzo, palesemente più grande dell’altro, giocare con la bacchetta che, stranamente, si muoveva esattamente come il libro. Baryn riconobbe Goyle e si avviò verso il lato opposto del corridoio impugnando il proprio catalizzatore e puntandolo verso il libro.


«Dominusterra!» Il ragazzo scandì a voce forte l’incantesimo e il libro precipitò verso il basso. Goyle si voltò indietro e dopo pochi istanti gli si avvicinò Tiger; nel frattempo, il ragazzino aveva recuperato il suo libro ed era corso via.


«Che diavolo vuoi?» Domandò Goyle, avvicinandosi a pochi centimetri dal Grifondoro. Baryn restò impassibile.


«È facile prendersela con quelli del primo anno, vero? Perché non punti la bacchetta verso chi può difendersi?» Non erano permessi duelli tra i corridoi di Hogwarts e Baryn lo sapeva bene, ma avrebbe inferto volentieri una lezione a quei due gradassi.


«E tu saresti uno di quelli che sa difendersi?» Domandò Goyle sarcastico, mentre il suo compagno rideva, dietro di lui. Il Grifondoro rimase con lo sguardo fisso sul ragazzo senza proferire parola e con la coda dell’occhio vide il terzo allontanarsi un po’, come a godersi meglio la scena. «I ragazzi spavaldi e stupidi come te fanno sempre la stessa fine, lo capisci, Hunt? Finiscono per farsi male.» Gregory aveva fatto qualche passo avanti verso Baryn, che aveva stretto impercettibilmente la presa sulla bacchetta.


«E i ragazzi come te che fine fanno? Fanno gli spacconi nei corridoi perché non sanno usare la bacchetta con chi può difendersi?» Goyle, infuriato, sfoderò il catalizzatore e lanciò uno schiantesimo contro il Grifondoro, che all’ultimo secondo riuscì a buttarsi a terra senza essere colpito, sorte che toccò ad una delle armature del corridoio del secondo piano.


Baryn strinse la bacchetta e descrisse nell’aria due cerchi intersecati; il Serpeverde stava per scagliare un secondo incantesimo ma la lingua gli rimase appiccicata al palato e non riuscì a parlare. Si girò verso Tiger cercando di chiedere aiuto e il ragazzo si avventò contro il Grifondoro, colpendolo con un pugno diritto in faccia. Baryn, a terra, stava per ribattere quando da lontano sentì la voce di Hermione urlare contro il trio.


«Ehi! Voi!» Strillò la ragazza. Tiger e Goyle decisero di indietreggiare e di scomparire dietro uno dei muri del corridoio; per quanto le dessero della Mezzosangue erano ben coscienti che non sarebbero sopravvissuti ad uno scontro con il Prefetto di Grifondoro. Baryn si rialzò lentamente e nel frattempo Hermione gli si avvicinò, dandogli un sonoro schiaffo sulla nuca.


«Che cosa ti viene in mente? Duellare nei corridoi della scuola?» Disse, con il volto accigliato. Baryn le sorrise.


«Io non stavo duellando.» Disse con tono ironico. «Avevo la bacchetta in mano, ma non stavo duellando. Mi hai sentito dire qualcosa?» Rivolse uno sguardo sdolcinato all’amica – per quanto potesse essere sdolcinato un occhio nero – e le sorrise ancora. Hermione rispose al suo sorriso.


«Per lo meno sappiamo che sai usare gli incantesimi non verbali!» Disse la giovane sottovoce. Piegò un fazzoletto e lo congelò, passandolo poi al suo amico perché lo mettesse sull’ematoma nascente. I due si diressero verso la Sala Grande, mentre Baryn faceva finta di avere dei mancamenti a causa del colpo e faceva peso sulle spalle di Hermione. Risero molto, come il giovane Grifondoro non faceva da un po’.


La cena fu piuttosto tranquilla e, tra le tante domande sull’occhio nero, si parlò degli ultimi disastri nel mondo non magico. Hermione, come molti altri Nati Babbani, era molto preoccupata per la sua famiglia. Mentre Seamus Finnigan stava parlando di ciò che aveva sentito dire a proposito dei problemi dei Babbani, Baryn incrociò lo sguardo iracondo di Goyle. Portò due dita all’altezza della tempia e lo salutò con un sorriso ironico. Il Serpeverde sembrava volesse alzarsi dalla panca ma qualcosa lo trattenne. Malfoy l’aveva afferrato per un braccio e strattonato, invitandolo a rimanere seduto. Ancora una volta gli sguardi del biondo e di Baryn si incrociarono, nella Sala Grande. Il Rosso Oro aveva un’espressione seria e fiera, e non dava segno di voler cedere. Malfoy ricambiò con uno sguardo freddo e distaccato, fino a che sulle sue labbra comparve il solito ghigno spavaldo e altezzoso. Questa volta fu il Grifondoro a raccogliere le sue cose e ad uscire di corsa. Camminò rapido fino al Lago Nero. Lasciò cadere la tracolla e afferrò la bacchetta. Di colpo, un mucchio di scintille rosse andò a colpire un masso poco lontano. Baryn puntò di nuovo il catalizzatore e lanciò un altro schiantesimo che centrò nuovamente la pietra. Uno scatto di rabbia improvvisa gli fece muovere velocemente la bacchetta contro una roccia nel terreno.


«DIFFINDO!» Urlò. Il fascio di luce andò a schiantarsi contro il masso che iniziò a spaccarsi. La serie di incantesimi che ne venne continuò a urtare contro il masso fino a frantumarlo. Erano movimenti rapidi, secchi, istintivi e diretti. Baryn non pronunciò nient’altro, si limitò a sferzare colpi a raffica, uno dopo l’altro, fino a che del masso non rimase altro che un mucchietto di polvere.


«Cosa ti ha fatto, quel masso?» Una voce dolce e acuta arrivò dalle spalle del Grifondoro.


«Luna… No, niente… Mi stavo… Esercitando…» Rispose il giovane, riponendo la bacchetta.


«Beh, è un esercizio piuttosto aggressivo, se posso dirlo. Hai fatto scappare tutte le Rane Lunari.» Continuò lei.


«Rane Lunari?!» La risposta di Baryn fu istintiva e solo dopo si rese conto che dovevano essere altre misteriose creature alle quali solo Luna e suo padre, Xenophilius Lovegood, credevano. La ragazza si disperse in una descrizione approfondita di quelle creature, apparendo totalmente convinta dei suoi discorsi, che sostenne citando nomi di Maghi viaggiatori che avevano volato fino alla luna per far sì che questi animali popolassero anche la terra. Continuò a parlare di altre creature simili, di cui Baryn non comprese neppure il nome, per poi citare gli ormai famosi Gorgosprizzi, che secondo Luna ronzavano attorno diverse teste della Scuola, professori compresi. Il giovane iniziò a ridere e propose a Luna di tornare verso la Sala Grande per mangiare qualche dolcetto al tavolo di Grifondoro. La ragazza sorrise e annuì.


«Ai Gorgosprizzi piace molto la cioccolata. Ne vanno matti, è uno dei modi per farli uscire dalle orecchie.» Concluse, mentre risalivano verso la Scuola.