Il Bene Supremo


Prologo - 30 giugno 1899


Ariana era melanconica e insieme impaziente mentre posava per il ritratto che sua madre Kendra aveva insistito tanto che facesse. Per ingannare l'attesa leggeva le pagine immortali dell'amore più triste e sfortunato della storia: quello fra Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi.

*Io non potrò mai provare nulla di simile… nessuno mi amerà tanto… sono condannata fra queste cupe mura.*

Sospirava la fanciulla, mentre il pittore la pregava di stare ferma, per terminare la sua opera.

*Tragico epilogo per un grande amore, ma un po' invidio Giulietta che alla mia età aveva già provato un simile sentimento…. la sua è stata una vita breve ma intensa, degna di essere vissuta.*

Pensava la ragazza, riprendendo a sfogliare il libro, dopo che il pittore si fu congedato.

"Tesoro, è stupendo… proprio come te!"

Commentò Kendra entusiasta ammirando il ritratto.




"No, mamma, non è bello… però hai ragione, mi somiglia, anche troppo; è cupo e melanconico, esattamente come me!"

Ribatté Ariana chiudendo il libro e incrociando le mani sul petto.

"Sono stufa di essere prigioniera delle mie e delle tue paure… voglio poter conoscere il mondo e, per farlo, non è indispensabile saper controllare la magia!"

Aggiunse tutto d'un fiato senza lasciare il tempo alla madre di parlare.

"Non intendo ammuffire qui dentro… esigo vivere la mia vita!

"Ma cara, lo sai che lo faccio solo per proteggerti… fuori il mondo è pericoloso, vi sono persone malvagie che potrebbero farti ancora del male… e tu sei troppo fragile per sopportarlo…"

Le rispose con dolcezza la madre avvicinandosi per abbracciarla ma lei si ritrasse.

"Non sono fragile, non sono cagionevole di salute, non sono instabile… è solo che tu ti vergogni di me, anche i miei fratelli, soprattutto Albus, si vergognano di me, nessuno mi capisce!"

Protestò Ariana adirata.

"Tesoro, nessuno di noi si vergogna di te… desideriamo solo proteggerti!

Cercò di blandirla Kendra, ma sortì il risultato opposto a quello desiderato.

"Non è vero, voi non mi volete bene, solo papà mi amava ed è finito anche ad Azkaban per punire a chi mi aveva fatto del male…"

Gridò la fanciulla con astio, il viso arrossato dall'ira.

"Non parlare di tuo padre, lui si è sacrificato per te e non ha mai rivelato a nessuno le sue motivazioni, certo ti adorava., ma ha sbagliato e ha pagato per le sue azioni."

La voce della strega era rotta dall'emozione: amore, rimpianto, rabbia e qualcosa di indefinibile e vago, che Ariana non riuscì a decifrare. Ma non le interessava capire i sentimenti che animavano sua madre, non tollerava che potesse dire che il suo papà aveva sbagliato nel volerla vendicare.
L'indignazione e la frustrazione covate per anni eruppero con violenza inaudita, colpendo come un'invisibile deflagrazione Kendra che volò in alto e batté la testa contro il soffitto. Fu un attimo. Cadde a terra, Ariana si precipitò al fianco della madre, la scosse, la abbracciò, si scusò, la baciò teneramente, la implorò di aprire gli occhi, le disse che aveva ragione, le promise che sarebbe restata con lei in quella vecchia casa per sempre, ma non ottenne alcuna risposta; Kendra era morta.


Juliet "This bud of love, by summer's ripening breath,
May prove a beauteous flower when next we meet.
Good night, good night! as sweet repose and rest
Come to thy heart as that within my breast!"

Romeo "O, wilt thou leave me so unsatisfied?"

Juliet "What satisfaction canst thou have to-night?"

Romeo "The exchange of thy love's faithful vow for mine."

Juliet "I gave thee mine before thou didst request it:
And yet I would it were to give again."

Romeo "Wouldst thou withdraw it? for what purpose, love?"

Juliet "But to be frank, and give it thee again.
And yet I wish but for the thing I have:
My bounty is as boundless as the sea,
My love as deep; the more I give to thee,
The more I have, for both are infinite."



ATTO I


I giorni che seguirono, furono i più tristi della vita di Ariana, non riusciva più né a dormire né a mangiare, continuava a rivivere la scena del fatale incidente e non poteva darsi pace.
I suoi fratelli non le erano di alcun aiuto, sia perché entrambi, seppur professassero il contrario, la incolpavano della morte della madre sia perché un po' la temevano. Infatti, non sapendo con esattezza ciò che era accaduto quel tragico giorno di fine giugno, continuavano a chiedersi come avesse fatto una ragazzina instabile e incapace di controllare la magia a sopraffare una strega abile ed esperta come Kendra. Nessuno dei due la forzò a raccontare l'accaduto e lei se ne guardò bene dal farlo… già era abbastanza doloroso rivedere quella scena ogni volta che chiudeva gli occhi, ma parlarne sarebbe stato davvero intollerabile. Così, la giovane Ariana si chiuse sempre nel suo mondo silenzioso, fatto di libri, disegni e di desideri inconfessabili.
Albus era brusco, quasi scostante, e lei si rendeva conto di essere per lui un peso, ma non se ne crucciava: era troppo macerata dai sui sensi di colpa per preoccuparsi del fratello; sapeva che, per il suo innato senso del dovere, si sarebbe preso cura di lei e l'avrebbe protetta, ciò le bastava, almeno per il momento, anzi era più di quanto potesse sperare.
Le pesava maggiormente dover guardare ogni giorno negli occhi Aberforth che, nonostante tutto, era sempre gentile e premuroso con lei: a volte cercava di indurla a mangiare qualcosa, altre restava in silenzio al suo fianco per ore. Erano due spiriti inquieti e si comprendevano anche senza pronunciare una sola parola, ma dopo ciò che aveva fatto, la metteva a disagio l'intimità con il fratello. Sotto certi aspetti accettava meglio la ruvida durezza di Albus che non la muta commiserazione di Aberforth, avrebbe preferito mille volte essere punita e odiata per ciò che aveva fatto piuttosto che compatita e giustificata.
Complessivamente l'atmosfera a casa era a dir poco tetra, ma tutto cambiò quando arrivò Gellert Grindelwald, il misterioso e affascinante nipote di Bathilda Bath, che subito fece amicizia con Albus e iniziò a frequentare i fratelli Silente.
Nel mese che seguì gli equilibri in casa Silente mutarono profondamente e il catalizzatore di tutto era proprio Grindelwald: Albus lo ammirava moltissimo e aveva una sorta di affinità elettiva con lui, insieme discutevano e facevano progetti grandiosi, sognavano un nuovo mondo ed erano ben decisi a realizzarlo; Aberforth, invece, lo detestava cordialmente e cercava di evitarlo il più possibile e passava molte ore fuori pur di non doverlo frequentare. Per motivazioni opposte, il risultato fu che i due fratelli smisero di tormentare Ariana, che per la prima volta nella sua vita, si trovò padrona del suo tempo. Il rimorso per la morte della madre continuava a perseguitarla, ed era certa che non l'avrebbe abbandonata mai, ma il dolore della perdita si faceva ogni giorno più tollerabile; un altro sentimento stava lentamente prendendone il posto.
Ariana, inizialmente, era incuriosita dal quel giovane carismatico proveniente da Durmstrang con occhi freddi come il ghiaccio, che sembravano poter scrutare nella sua anima. La fanciulla passava ore a spiare il nuovo venuto, cercando di non farsi scoprire. Era capace di starsene nascosta nei posti più impensabili pur di ascoltare il suono della sua voce o di incrociare furtivamente lo sguardo con quello di Gellert. La notte, poi, quando era nella sua stanza, scriveva un diario in cui riportava tutto ciò che aveva udito e visto, arricchendo il testo con commenti personali e fantasticherie di vario genere.
Talvolta capitava che Gellert le rivolgesse la parola, sembrava molto interessato a lei, alla sua storia e ai suoi poteri. Le poneva molte domande (specie quando Albus o Aberforth non potevano sentire) ma lo faceva con garbo e delicatezza senza mai farle fretta, così lei poteva trovare le parole giuste per esprimere i sentimenti che dilaniavano la sua anima, solo a lui riuscì a raccontare cos'era realmente accaduto il giorno dell'incidente e gli confidò anche la causa di tutte le disgrazie sue e della sua famiglia. Gellert la ascoltava con paziente partecipazione, senza giudicarla né compatirla; per la prima volta a qualcuno interessava davvero ciò che aveva da dire, qualcuno desiderava conoscere i suoi tormenti, qualcuno la capiva davvero, come solo il suo adorato papà aveva fatto.
Ogni giorno che trascorreva con Gellert sentiva crescere la loro affinità e un sentimento nuovo cominciò a pervadere ogni fibra del suo essere. Aveva ripreso a non mangiare e a non dormire ma ora non era l'angoscia ad attagliarla, bensì un senso di spasmodica incompletezza che poteva essere colmato solo dalla presenza di Gellert. Nelle lunghe notti insonni aveva scritto pagine e pagine di diario e aveva fatto perfino un ritratto dell'affascinante mago straniero, che le aveva saputo stregare la mente e l'anima. Aveva anche ripreso a leggere con rinnovato entusiasmo ”Romeo e Giulietta” e, quando si imbatteva in un passaggio particolarmente toccante in cui il giovane Montecchi esprimeva le sue pene d'amore, guardava il disegno e fingeva che quelle parole fosse Gellert a dirle a lei.



Romeo "Why, such is love's transgression.
Griefs of mine own lie heavy in my breast,
Which thou wilt propagate, to have it prest
With more of thine: this love that thou hast shown
Doth add more grief to too much of mine own.
Love is a smoke raised with the fume of sighs;
Being purged, a fire sparkling in lovers' eyes;
Being vex'd a sea nourish'd with lovers' tears:
What is it else? a madness most discreet,
A choking gall and a preserving sweet.
Farewell, my coz."


Non era tanto ingenua e sprovveduta da credere che le sue fantasie fossero reali, si rendeva perfettamente conto che lui era troppo intelligente, troppo colto, troppo potente, troppo bello... insomma "troppo tutto" per lei. Non le importava che ciò accadesse solo nella sua mente, le piaceva sognare, tanto sapeva che il risveglio non sarebbe stato traumatico,: al mattino avrebbe incontrato il Gellert reale, e la sua semplice esistenza la faceva stare bene, non si era mai sentita tanto viva come in quelle poche settimane.


ATTO II


Una sera di inizio agosto accadde qualcosa di impensabile, qualcosa che avrebbe cambiato la vita di Ariana per sempre e che, indirettamente, ne avrebbe causa la prematura fine.
La casa era cupa e deserta, Albus e Aberforth erano a Londra per alcune commissioni. Tutto taceva. L’unico suono era il ritmico battere delle gocce di pioggia sugli spessi vetri delle finestre, accompagnato dal sinistro scricchiolio degli infissi scheggiati. Ariana, persa nei suoi pensieri, non si accorse che qualcuno la osservava: il giovane uomo dalla chioma bionda, i lineamenti raffinati e la voce suadente, si era materializzato proprio sulla porta della sua stanza, ma non aveva prodotto il classico schiocco.

“Credo di aver finalmente compreso la natura del tuo problema, Ariana!”

Esordì Gellert, rompendo il silenzio e rivelando così la sua presenza.
La ragazza sobbalzò e il cuore iniziò a batterle all'impazzata, non per lo spavento ma per lo stupore e per una strana sensazione che le contorceva lo stomaco.

"Ah, sì… ma non ti hanno detto che non è una bella cosa materializzarsi nella stanza delle ragazze?"

Ribatté Ariana tanto per camuffare la sua emozione con l'indignazione.

"Uhm, sì, in effetti, avrei dovuto presentarmi in modo più consono…"

Si giustificò il giovane, sembrava imbarazzato.

"Comunque, ciò che è fatto è fatto, non si può tornare indietro… ma se vuoi, me ne vado e torno quando ci sono i tuoi fratelli, oppure esco e suono il campanello."

"No, dai, non mi sembra il caso… ormai sei qui ed io desidero ascoltare ciò che hai da dire".

Rispose lei con una sicurezza che non le apparteneva.

"Ne ho parlato molto con Albus… ma questo tu già lo sai, dato che origli sempre."

Spiegò lui con tono soave, quasi dolce.

"Ehm, no io… cioè sì, a volte ascolto ciò che dite…"

Balbettò lei arrossendo visibilmente, tutta la sua spavalderia si era dileguata.

"Non c'è nulla di male nella curiosità… è ciò che ci permette di scoprire nuove cose e di progredire!"

La rassicurò Gellert, accennando un sorriso e lei si tranquillizzò un poco.

"Tuttavia, non sai quali sono le mie conclusioni… a dire il vero, vi sono giunto da poco e non ne ho mai parlato con nessuno, nemmeno con Albus, … desideravo farlo prima con te..."

"Ne sono lusingata, prego, accomodati e raccontami tutto."

Disse Ariana, indicandogli la sedia che aveva di fronte.

"Grazie, allora, ascolta con attenzione…"

Gellert spostò un poco la sedia e si sedette vicino, molto più vicino di quanto Ariana si sarebbe
aspettata. Lei poteva avvertire il calore del suo corpo e il profumo della sua pelle, per un attimo le mancò il fiato e non riuscì a capire una sola parola di ciò che lui stava dicendo.

"Ti manca la fiducia in te stessa; sono convinto che, se ne acquistassi almeno un poco, potresti imparare a controllare la magia… sei una strega molto potente…"

"No, non è vero, io faccio solo pasticci…"

Lo interruppe Ariana, sbiancando; per un attimo aveva rivisto ciò che era accaduto con sua madre.

"Ti assicuro che lo sei, probabilmente sei forte quanto tuo fratello Albus se non di più… solo che i tuoi poteri non sono disciplinati, ma si può imparare…"

"No, no, di certo sbagli, Albus è davvero eccezionale ed io sono un’inetta... più inutile e pericolosa di una Maganò!"

Protestò timidamente lei.

"Non dire così, non nego che tuo fratello sia un mago fuori dall’ordinario, probabilmente il più potente e capace che abbia conosciuto, ma ciò non toglie che anche tu potresti esserlo… la magia scorre vigorosa in te, lo avverto!"

Lui la fissava e le sue pupille erano leggermente dilatate, quella che Ariana vide nelle iridi grigie non era solo ammirazione e curiosità.

”Poniamo anche che tu abbia ragione, io non so controllare i miei poteri, sai cosa ho fatto alla mia mamma? Te l’ho raccontato...”

Disse avvampando in volto, ciò che provava non era né ira né disappunto e perfino il dolore del ricordo era stemperato dalle caotiche emozioni che la attraversavano, si sentiva inesorabilmente attratta verso di lui, ma si ritrasse di scatto.

”Certo che lo so ed è terribile, ma non è stata colpa tua , nessuno ti ha mai insegnato a controllare i tuoi poteri e può accadere che in preda a forti emozioni tu faccia magie involontarie, un po’ come capita ai bambini che non possiedono una bacchetta e che non hanno ancora imparato a catalizzare il loro potere.”

Ribatté Gellert protraendosi verso in avanti e prendendo delicatamente la mano destra di lei mano fra le sue.

”Ma tutto si può insegnare e non è mai troppo tardi per imparare... nessuno ha avuto né la voglia né il tempo di istruirti ma, se lo vorrai, lo farò io, non ho paura di te e sono convinto che tu possa diventare un’abile strega...”

Proseguì lui infervorandosi, arrossendo lievemente. Ariana aveva il cuore che batteva all’impazzata, era la prima volta che qualcuno si offriva di insegnarle l’arte magica e non avrebbe potuto desiderare miglior maestro... forse, grazie a Gellert, sarebbe diventata davvero una strega degna di questo nome ma, anche se ciò non fosse accaduto, valeva la pena rischiare, sarebbe stata un’opportunità di trascorrere più tempo con lui senza la presenza ingombrante dei suoi fratelli.

”Sarebbe il sogno della mia vita, ciò che ho sempre desiderato, se davvero te la senti, io ci sto!”

Rispose lei sorridendo e posando la mano sinistra su quelle di lui che stringevano ancora la sua destra. I due erano immobili come stregati, gli occhi negli occhi, le dita intrecciate, i cuori che battevano all’impazzata e martellavano nelle orecchie. Gellert lentamente avvicinò il suo volto a quello di Ariana che questa volta non si ritrasse, le labbra si sfiorarono castamente in un bacio a fior di pelle. Lei chiuse gli occhi e si lasciò travolgere da sensazioni mai provate, mentre la pioggia tamburellava insistentemente sui vetri. Il ragazzo si mosse velocemente protendendosi ancora più verso di lei, la sedia su cui era seduto un attimo prima cadde all’indietro. Gellert sciolse le dita da quelle di lei e l’abbracciò con dolce fermezza. Ariana si strinse a lui che la baciò di nuovo ma questa volta fu un bacio profondo e sensuale, uno di quelli che lasciano senza fiato, che parlano da sé, che non hanno bisogno né di pensieri né di parole. Una mano le accarezzava i capelli e intanto l’altra la stringeva forte a sé, mentre quel momento di semplice magia continuava, tutto il mondo era alle loro spalle, ignaro e inutile in quel perfetto attimo di puro amore, come quello che Ariana aveva letto nel libro , anzi no, molto meglio!
Lasciò che le mani di lui vagare sul suo corpo, senza fermarlo, semplicemente rilassandosi tra le sue braccia e mormorando il suo nome come una litania. Improvvisamente Ariana si fermò, staccandosi da lui quanto bastava per guardarlo negli occhi e parlare.

”Non m’interessa di diventare una strega potente, mi basta stare con te... è tutto ciò che desidero!”

Esclamò in tono solenne fissandolo negli occhi , quindi , nascose il viso nell’incavo fra il collo e la spalla di Gellert.

”Ma , tesoro , le due cose non sono in contrasto... anzi è vero il contrario: tu sarai al mio fianco e sarai la strega più potente che si sia mai vista , ed io costruirò un nuovo mondo apposta per te , un posto migliore dove i maghi potranno praticare la loro arte senza temere i babbani... insieme conquisteremo il mondo!”

Ribatté lui prendendo il viso di Ariana fra le mani e fissandola nei limpidi occhi azzurri.

”Non credo che Albus sarebbe molto contento di includermi nei vostri piani...”

Mormorò lei scuotendo leggermente la testa e abbassando lo sguardo.

”Beh , in effetti , non gliene ho ancora parlato ma anche lui è d’accordo su quale sia il bene supremo, anche lui sa che si deve creare un nuovo ordine , in cui ai maghi venga riconosciuto il loro lignaggio e dove i babbani staranno nella posizione che compete loro, saranno tutti puniti per ciò che ti hanno fatto... Albus mi aiuterà perché crede nella causa e sarà felice di vedere le tue potenzialità realizzate , vedrai che non gli dispiacerà dividere il potere con te oltre che con me...”

”Non so , temo che più del potere gli seccherà condividere te con me...”

Precisò Ariana sorridendo maliziosamente.

”Che intendi dire? Ciò che provo per te non c’entra nulla con il rapporto di amicizia che mi lega ad Albus...”

La interruppe Gellert perplesso, evidentemente non aveva notato ciò che per Ariana era chiaro come la luce del sole.

”Questo è vero per te , ma non per lui... non hai mai visto come ti guarda? Io sì , perché è lo stesso modo in cui ti guardo io... credo che anche lui si sia innamorato di te!”

Spiegò Ariana, per una volta poteva essere lei a rivelargli qualcosa che non sapeva.

”Non credo che sia così... cioè non ho mai parlato con Albus delle sue... ehm, inclinazioni... comunque , poco importa perché io ho gusti diversi e mi sono innamorato di te , lui non potrà fare altro che accettarlo, se gli sarà sufficiente la mia amicizia sarò felice di continuare ad accordargliela come ho fatto finora, ma se non gli starà bene il nostro amore, sarà un problema suo non mio!”

Affermò con sicurezza Gellert e per un attimo i suoi occhi grigi divennero duri come l’acciaio.

”Sinceramente , penso che chi potrebbe maggiormente osteggiarci, sia Aberforth, non mi sopporta proprio ed è molto protettivo, quasi possessivo nei tuoi confronti...

”Sì , questo l’ho notato anch’io, ma non credo che Aberforth ci creerà problemi... cioè , è vero che è molto irruente e che non ha un carattere facile ma mi vuole un gran bene, ciò che gli sta più a cuore è la mia felicità e, se capirà che potrò essere felice solo al tuo fianco, lo accetterà... magari non farà i salti di gioia ma lo accetterà per amor mio!”

Rispose lei con estrema sicurezza, non aveva dubbi su suo fratello.

”Io non sono fiducioso come te, Aberforth è una testa calda e non mi sembra altruista come tu dici... comunque potrei averlo mal giudicato!”

Intervenne Gellert pensieroso.

”Spero tanto di scoprire che entrambi abbiamo preso una cantonata, io su Albus e tu Aberforth, e che nessuno di noi sia costretto a fare una scelta dolorosa; amo i miei fratelli ma amo di più te...”

Concluse lei sospirando e stringendosi forte a lui.

”Già, speriamo... ma non fasciamoci la testa prima di essercela rotta... ora loro non ci sono...”

Gellert non le diede modo di rispondere perché la baciò di nuovo con passione. Ariana dischiuse le labbra e lo ricambiò con enfasi, come se quel lungo, interminabile, bacio potesse cancellare ogni dubbio e risolvere ogni problema, cancellando magicamente il mondo circostante. Le bocche si assaggiavano avidamente; le mani correvano febbrili dai capelli, lungo la schiena, fin sui fianchi; la pelle fremeva al reciproco contatto; i loro corpi e le loro anime danzavano all’unisono fuori dal tempo e dallo spazio.

Ariana, cara, siamo tornati!”

La voce di Aberforth ruppe l’incanto e riportò i due bruscamente alla realtà.

”Non m’interessa di loro... non ora!”

Sussurrò Ariana, sulle labbra di lui, prima di baciarlo ancora.

Gellert chiuse un attimo gli occhi, avvertendo il calore del corpo di lei premuto contro il proprio e sentendosi invincibile, l’uomo più potente del pianeta.

”Neppure a me importa!”

Convenne con voce roca e il volto congestionato dall’eccitazione, per poi baciarlo di nuovo.

”Ariana, perché non rispondi? Sei in casa?”

Gridò Albus seccato iniziando a salire le scale, seguito da Aberfoth che era più preoccupato che adirato.

”Temo che sia il caso che tu vada...”

Disse Ariana a malincuore staccandosi faticosamente da Gellert.

”Io non scappo, non ho nulla da nascondere...”

Protestò lui stringendola a sé.

”Lo so, anch’io vorrei gridare al mondo il nostro amore... ma fidati di me, conosco i miei fratelli e questo non è proprio il momento di una rivelazione del genere... vi è un tempo per ogni cosa e presto si presenterà l’occasione giusta, ma non ora... ti prega, vai!”

Implorò Ariana in un sussurro, Gellert annuì e, dopo averle sfiorato le labbra con l’ennesimo bacio si smaterializzò , silenziosamente come aveva fatto poche ore.
In quel momento la porta della stanza si aprì e i due fratelli Silente entrarono.

”Perché non hai risposto? Ti abbiamo chiamato più volte! Sei sorda?”

Esordì Albus severamente, Aberforth alle sue spalle era visibilmente sollevato e sorrideva.

”Scusate, devo essermi addormentata e non vi avevo sentito rientrare...”

Disse candidamente la ragazza fingendo di sbadigliare e stiracchiandosi come se si fosse appena svegliata, il viso era ancora visibilmente arrossato ma sperò che i fratelli non ci facessero caso o che lo attribuissero al repentino risveglio.

”Non è accaduto nulla, l’importante è che tu stia bene... dai , Albus non fare quella faccia arcigna...”

Ribatté Aberforth strizzando l’occhio ad Ariana e dando una gomitata ad Albus.

”Già, già, hai proprio ragione... che ne direste di preparare la cena?

Propose Albus, tanto per allentare la tensione.

”Io ho una fame da lupo!”

Rispose Aberforth prontamente.

”Che novità, tu hai sempre fame!”

Esclamò Ariana in tono scherzoso, nessuno dei due notò che la ragazza sembrava più allegra del solito, radiosa come non era mai stata prima.



ATTO III


Le due settimane che seguirono furono le più felici della vita di Ariana, passava tutto il tempo possibile con Gellert, facendo sempre ben attenzione che i fratelli non sospettassero nulla, non solo temeva che avessero un accesso di gelosia o d’ira ma era certa che né Albus né Aberforth avrebbero approvato che Gellert le stesse insegnando a usare la magia. La segretezza non le pesava, anzi in un certo, senso le piaceva perché si sentiva un po’ come la sua eroina costretta a vivere il proprio amore in clandestinità per questioni familiari. Dal canto suo Gellert non era entusiasta della situazione ma comprendeva che, per il momento, era più prudente evitare complicazioni, una volta partiti alla ricerca dei Doni della Morte le carte sarebbero state scoperte per forza, si trattava di pazientare ancora un poco poi tutto si sarebbe risolto da sé, in un modo o nell’altro. Quindi, anche lui si era rassegnato a condurre quella doppia esistenza. Sì, perché gli innamorati, grazie alla Giratempo di Gellert, vivevano letteralmente due vite: quella ufficiale in cui Ariana se ne stava tutto il giorno chiusa in casa leggendo, dipingendo e talvolta scambiando qualche parola con Aberforth mentre Gellert studiava le possibili ubicazioni dei Doni della Morte e pianificava l’avvento del nuovo ordine insieme ad Albus, e quella ufficiosa in cui fuggivano ai margini di Godric’s Hollow per provare incantesimi, sognare il futuro insieme e vivere il loro amore in modo totale e assoluto.

Il prato punteggiato di candide margherite si estendeva fino a un orizzonte tremolante d’afa.
Gellert era in piedi nel sole, i dorati capelli gli ricadevano sulla fronte coprendogli le orecchie. Raramente li sistemava e gli davano quell’aria un po’ bohème che lo rendeva ancora più bello.

”Direi che ci meritiamo una pausa!”

Affermò lui dirigendosi verso Ariana che in mano brandiva una bacchetta.

”Ma è presto, fammi provare un altro incantesimo...”

Implorò lei corrugando leggermente la fronte.

”No, tesoro, per oggi hai fatto abbastanza, rendimi la mia bacchetta!”

Proseguì lui che ormai le era vicinissimo.

”Vabbè, ma quando ne avrò una tutta mia?”

Chiese Ariana porgendogli la bacchetta.

”Presto, molto presto, non appena saremo sul Continente, ti porterò dal più bravo fabbricante del mondo, così avrai la tua!”

”Ma il più famoso fabbricante di bacchette non è Olivander?”

Chiese Ariana stupita.

”Certo, è molto in gamba ed è il migliore del Regno Unito ma io mi sto riferendo a Gregorovich che è anche superiore!”

Spiegò Gellert convinto.

”Se lo dici tu, sarà vero, ma a me basta una bacchetta qualsiasi è sufficiente che sia la mia!”

Ribatté Ariana che, da quando aveva inizia a controllare i suoi poteri, era migliorata rapidamente, fino al punto di accorgersi che la bacchetta di un altro non le permetteva di esprimere tutto il suo potenziale.

”Sì, hai ragione, ma è anche vero che una qualunque per te non sarebbe sufficiente, devi avere il meglio e lo avrai... quando poi troveremo la Bacchetta di Sambuco, sarà tua, te lo prometto!”

Affermò lui entusiasta, gli occhi gli brillavano e i capelli ondeggiavano al sole.

No, quella no, sai quanto ci tiene Albus... se mai riuscissimo a trovare i Doni della Morte, la lascerei volentieri a lui, e anche il Mantello dell’Invisibilità per me ha ben poco fascino... l’unica cosa che vorrei davvero sarebbe la Pietra della Resurrezione... così potrei far tornare la mia mamma e il mio adorato papà!”

L’ultima frase fu quasi un sussurro, il lamento della sua anima ancora ferita.

”Tutto ciò che desideri, amore mio, ma non ti affliggere, sii ottimista tutto andrà per il verso giusto... ci divideremo i Doni, tu, Albus ed io ne avremo uno a testa... finché resteremo tutti e tre insieme saremo i padroni della Morte e anche del mondo!”

La strinse forte a sé in un abbraccio consolatorio, caldo e avvolgente.

”Sì, tutto andrà per il meglio!”

Concordò lei aggrappandosi a lui come fosse la sua ancora di salvezza, ma lo fece con eccessiva enfasi perché Gellert perse l’equilibrio e caddero a terra. Col loro peso avevano accasciato gli steli, e sotto la schiena di Ariana l’intreccio creato forse non si sarebbe mai più rialzato.

”Beh, le cose non vanno poi tanto male neanche adesso...”

Ridacchiò lui fissandola negli occhi che avevano lo stesso colore del cielo.

”No, al contrario, non sono mai andate tanto bene!

Ribatté Ariana affondando le dita tra capelli biondi di lui, mentre Gellert aveva preso le sue lunghe ciocche ramate e le aveva distese fra le margherite.
Lei aveva fissato a lungo ogni centimetro del suo volto, prima di baciarlo con un tocco leggero. Lui aveva ricambiato con passione e trasporto, gli stessi del primo bacio, di ogni loro bacio.

“Sento il sole sulle spalle!”

Disse a voce bassa Gellert, staccandosi un attimo da lei.

”Io lo vedo riflesso nei tuoi occhi.”

Sorrise Ariana, sfiorandogli la guancia con un dito.

”Quanto romanticismo, mia cara , non ti farà male?”

Celiò Gellert afferrando delicatamente la mano di lei e posandole un bacio leggero sul palmo aperto. Un brivido caldo le percorse tutto il corpo e, per un attimo, parve che il cuore le scoppiasse.

”Ci hai mai pensato che è sempre notte?”

Gli domandò fingendo di non dare troppo peso a ciò che l’altro aveva appena detto.

E’ sempre notte?

Ridacchiò Gellert, mentre Ariana continuava a fissarlo.

”Sì. il sole è solo più potente delle altre stelle e ci impone la propria luce, ma in realtà è sempre notte." -

Ariana alzò il capo e baciò le labbra di Gellert, tenendo gli occhi aperti, per vedere il suo sguardo sorpreso.

”È sempre notte, allora."

Concordò Gellert, lasciandole qualche bacio sensuale sulle labbra per poi scivolare sul suo collo. Il giovane sentiva ancora il sole scaldargli le spalle, ma la sensazione che fosse notte lo fece sentire ancora meglio. Aumentò la pressione del bacio, prendendo tra le labbra la pelle chiara per lasciare qualche macchia rossa.

”Desidererei che questa fosse la [i]nostra notte.”

Mormorò Ariana con voce tremante, ben conscia di ciò che gli stava offrendo e felice di farlo. Gellert si fermò, sopraffatto dall’emozione, avrebbe voluto dirle molte cose, avrebbe desiderato sfoggiare il suo linguaggio forbito e comporre parole leggiadre che esprimessero i suoi sentimenti ma riuscì solo a sussurrarle tre parole all’orecchio.

”Ti amo, Ariana!”

”Ti amo, Gellert!”

Gli fece eco lei, attirandolo a sé in un abbraccio che era una promessa di amore eterno.



Juliet "Wilt thou be gone? it is not yet near day
It was the nightingale, and not the lark,
That pierced the fearful hollow of thine ear
Nightly she sings on yon pomegranate-tree:
Believe me, love, it was the nightingale"

Romeo "It was the lark, the herald of the morn,
No nightingale: look, love, what envious streaks
Do lace the severing clouds in yonder east
Night's candles are burnt out, and jocund day
Stands tiptoe on the misty mountain tops.
I must be gone and live, or stay and die."

Juliet ”Yon light is not day-light, I know it,
It is some meteor that the sun exhales,
To be to thee this night a torch-bearer,
And light thee on thy way to Mantua:
Therefore stay yet; thou need'st not to be gone.”



ATTO IV


Purtroppo, le stelle erano avverse ai giovani maghi come agli amanti veronesi e la loro felicità era destinata a finire presto, e nel modo più tragico e sconvolgente.

Quel sabato mattina di fine agosto, Ariana era in cucina e canticchiava allegramente: era il compleanno di Albus e lei gli stava preparando la cheese-cake alle more che gli piaceva tanto. La sera avrebbero festeggiato tutti insieme, sarebbe stata un'occasione gioiosa e lei aveva pensato che potesse essere l'occasione giusta per confessare ai fratelli l'amore per Gellert. In fondo, quella rivelazione avrebbe reso le cose più facili per tutti: certo, chi ne avrebbe tratto i maggiori benefici sarebbero stati lei e Gellert che avrebbero potuto smettere di nascondersi e mentire. Ma anche i fratelli Silente ne avrebbero tratto giovamento; Aberforth sarebbe tornato a Hogwarts sereno sapendo che la sua sorellina era in buone mani e felice come mai nella vita e Albus, anche se forse all'inizio forse sarebbe stato un po' geloso, avrebbe avuto il tempo per abituarsi all'idea prima della partenza.

"No, io a Hogwarts non ci torno, voglio occuparmi di Ariana!"

I pensieri di Ariana furono bruscamente interrotti dalla voce di Aberfoth che sbraitava in sala, presumibilmente contro il fratello.

"Sono io il capofamiglia adesso ed è mio compito prendermi cura di te e di lei, tu tornerai al Castello e terminerai i tuoi studi (non ci serve in famiglia un altro mago a metà) e Ariana verrà con me e Gellert, in due riusciremo a gestirla bene, inoltre, se tutto andrà secondo i nostri piani, presto vi sarà un mondo nuovo e migliore in cui anche lei potrà vivere serenamente senza temere né se stessa né gli altri, specie i babbani!

Ribatté Albus che aveva un tono ancora più perentorio del fratello

"Fesserie, sono solo fesserie… e, anche se fosse vero che le vostre intenzioni sono le migliori, , nessuno può garantire il successo delle vostre stravaganze!"

Aveva proseguito Aberforth alzando sempre più la voce.

"Sei solo un ragazzino stupido che non vede più in là del suo naso!"

Era intervenuto Gellert, non stava gridando ma la sua voce era tagliente come un rasoio e attraversava nitidamente le pareti. Ariana udendola fu tentata di abbandonare il dolce che stava guarnendo per raggiungerlo in soggiorno, forse avesse rivelato subito tutto ai fratelli l’amore che provava per il bel mago, Aberforth avrebbe smesso di opporsi alla sua partenza.
Ma subito rinunciò, pensando che sarebbe stato meglio che i ragazzi se la sbrigassero da soli, se Gellert avesse voluto anticipare i loro piani, l’avrebbe chiamata o avrebbe fatto da sé e poi lei lo avrebbe raggiunto a “gobbiglie ferme”.

*Eppoi sarebbe un peccato lasciare questa meraviglia incompiuta... tutto si risolverà da sé e stasera ci rideremo sopra festeggiando il compleanno di Albus e gustando una fettona di cheese-cake!*

Si disse posando una grossa mora sulla candida torta, ne avrebbe dovute aggiungere ancora molte per comporre la scritta intera: “AUGURI ALBUS!”.

"E che cosa non capirei? Certo, non sono intelligente come te e quel genio di mio fratello, ma non ci arrivo proprio…vi prego illuminatemi!"

Li aveva sfidati Aberforth, l'atmosfera si stava surriscaldando.

"Te l’ha già spiegato Albus ma, visto che hai la prontezza di un Vermicolo, te lo ripeterò anch’io…"

Gellert parlava con voce annoiata come un'insegnante che cercasse di far capire a un alunno un po' tonto un difficile concetto.

"Una volta che avremo trovato i Doni della Morte e creato il nuovo ordine Ariana non sarà più costretta a nascondersi per timore che qualcuno le faccia ancora del male, perché i maghi non saranno più costretti a vivere nella clandestinità e i babbani dovranno inchinarsi loro e servirli!"

"Nobili ideali ma a voi non importa nulla di Ariana, volete solo il potere e la gloria... queste sono solo belle parole per mascherare i vostri veri intenti…"

Lo aveva interrotto Aberforth sdegnato.

"Come ti permetti di affermare una cosa simile? Come ti permetti di parlare di ciò che provo per Ariana? Come ti permetti…"

"Mi permetto eccome! Ariana è mia sorella, è tutta la vita che la proteggo e non consentirò a te o ad altri di metterla in pericolo!"

"Si vede come l'hai protetta bene... se lo avessi fatto quei tre bambini babbani non l'avrebbero traumatizzata segnandola per sempre! Si vede come l'avete accudita, segregandola in casa e impedendole di imparare a controllare i suoi poteri... non c'è che dire, avete fatto davvero un ottimo lavoro!"

Lo schernì con cattiveria, era ovvio che Aberforth o Albus all'epoca dell'incidente erano solo dei bambini e che non avrebbero potuto fare nulla, ma era troppo adirato per misurare le parole.

"Dai, Gellert, non esagerare... sai anche tu che non abbiamo colpa di ciò che è accaduto ad Ariana tanti anni fa… poi, una volta che il danno è stato fatto, non è che si potesse rimediare, la povera Ariana è un caso disperato!"

Intervenne Albus conciliante cercando di appianare il contrasto fra i due ma ciò ebbe solo l'effetto di far infuriare ancora di più Grindelwald.

"Ariana, non è un caso disperato, siete stati voi, seguendo l'esempio di vostra madre, a renderla insicura e fragile, impedendole di sviluppare le sue potenzialità e rinchiudendola in una gabbia dorata!"

"Come osi parlare di nostra madre? Che ne sai tu di tutti i sacrifici che ha fatto e di quanto amasse Ariana che alla fine, tanto per amore di verità, ha finito per ammazzarla!"

Ribatté Albus anche lui stava perdendo le staffe.

"Mi spiace dirlo ma, se Kendra avesse permesso a sua figlia di essere ciò per cui era nata, probabilmente quell'orribile tragedia si sarebbe evitata…"

"Sei bravo tu a sputar sentenze su cose che non conosci! Ariana, poverina, non ha colpa ma era ed è davvero pericolosa e quella buonanima di nostra madre lo sapeva bene! E' facile parlare per te che non eri qui e non sai cosa ha passato nostra madre in tutti questi anni accudendo una figlia menomata… se solo sapessi, non parleresti, forse è il caso che sia io a farti tacere!"

Sbraitò Aberforth estraendo la bacchetta.

"Che cosa pensi di fare con quella, ragazzino?"

Chiese Gellert brandendo la propria. Aberforth mosse la bacchetta ma non fece in tempo a pronunciare una formula perché l'avversario fu più veloce.

"CRUCIO!"

Nell’udire quella parola, Ariana si sentì morire, avrebbe voluto correre nell’altra stanza per intervenire ma era paralizzata dall'orrore di ciò che vedeva con gli occhi della mente: suo fratello era a terra in preda ad atroci dolori e il responsabile di quello scempio era l’uomo che amava più della sua stessa vita.

”Devi essere più veloce con la bacchetta, moccioso, e devi imparare a non metterti contro chi è più abile e forte di te!”

Infierì Gellert mentre il volto di Aberforth si era trasformato in una maschera di dolore.

”Ma forse questa lezioncina ti servirà per il futuro!”

Aggiunse continuando a tormentare il povero ragazzo.

”Chiedimi scusa per la tua insolenza e tutto passerà!”

Gli occhi di Gellert erano più freddi del ghiaccio e i fini lineamenti stravolti in un’espressione crudele.

”No, mai e poi mai! Preferisco morire piuttosto che farlo!”

Ribatté Aberforth con le lacrime agli occhi, pativa terribilmente ma non aveva alcuna intenzione di dargli soddisfazione: non avrebbe né implorato né gridato.

”Gellert, ti prego, lascia stare mio fratello... stai davvero andando oltre!”

Gridò Albus impugnando anche lui la bacchetta e puntandola contro l’amico.
Sentire la voce del fratello riscosse Ariana che lasciò cadere la mora che aveva in mano e si precipitò di là, ma ciò che vide la bloccò sulla porta impedendole di entrare. Non poteva credere ai propri occhi: Gellert teneva il povero Aberfoth sotto la maledizione Cruciatus mentre Albus gli puntava contro il proprio catalizzatore d’energia.

”Non mi lasci altra scelta... EXPELLIARMUS!”

La bacchetta di Gellert venne colpita e l’incanto spezzato ma il mago riuscì a non lasciarsela strappare via. Ariana trattenne il respiro per un attimo, non sapeva che fare né da che parte schierarsi: le tre persone che amava di più al mondo stavano duellando e non sembravano aver alcuna intenzione di smettere.

”Albus, ti credevo un amico e pensavo che fossi determinato quanto me a fare ciò che va fatto, eliminando tutti gli ostacoli che avremo trovato sul nostro cammino!”

La voce del mago era carica di amarezza.

”Ma per l’amore di Dio, Abertforth non è un ostacolo, è mio fratello, un ragazzino ribelle e arrogante, te lo concedo, che non può in alcun modo interferire con i nostri piani...”

Ribatté Albus sconvolto tanto dalle parole dell’amico quanto dal suo comportamento.

”Ne sei davvero convinto , mio caro? Non ti accorgi che sta già interferendo? Prima opponendosi alla partenza di Ariana e dopo mettendoci l’uno contro l’altro!”

”Non è Aberforth che mi ha messo contro di te, sei stato tu con le tue azioni scellerate!”

Nel frattempo il più giovane dei Silente, che aveva riacquistato il controllo di sé, si era messo di fianco al fratello puntando anche lui la bacchetta contro Gellert.

”Se volete la guerra, non sarò certo io a tirarmi indietro!”

Gellert era disposto a rischiare il tutto per tutto , non poteva né voleva rinunciare perché arrendersi avrebbe significato dover dire addio ad Ariana e, anche se l’avesse rapita, prima o poi Albus e Aberforth li avrebbero trovati e li avrebbero separati.

*Non ho scelta, devo battermi... preferisco mettere a repentaglio la mia vita ora piuttosto che condurre una grigia esistenza senza il mio amore... senza di lei nulla avrebbe più senso!*

Pensò stringendo più saldamente la bacchetta. Vedendo la folle determinazione di Gellert , Ariana prese la sua decisione: avrebbe cercato di far ragionare i tre, in fondo era colpa sua se quella discussione era nata e avrebbe fatto l’impossibile per farla cessare ma, se non vi fosse riuscita, seppur a malincuore, si sarebbe schierata con Gellert, l’unico uomo che l’aveva fatta sentire davvero amata e che aveva amato con tutta se stessa.

*Albus e Aberforth sono i miei fratelli e li amo teneramente, ma Gellert è l’amore della mia vita... è la mia vita e non posso rinunciare a lui...*

Pensava la ragazza mentre calde lacrime le solcavano le guance.

*Non sarei mai voluto arrivare a questo punto, non pensavo che si sarebbe giunti a tanto, non volevo costringerla a scegliere fra me e i suoi fratelli... le cose sarebbero dovute andare in modo diverso... ma loro non mi hanno lasciato scelta, comunque finirà questo scontro, l’unica a perdere davvero sarà Ariana... mi spiace, mi spiace , Dio solo sa quanto mi dispiace!*

Rimuginava tristemente Gellert, mentre agitava elegantemente la sua bacchetta.

”Ragazzi, vi prego smettetela... tutto si può risolvere, fermatevi e parliamone con calma!”

Implorò Ariana entrando nella stanza e correndo per mettersi in mezzo fra i tre belligeranti, ma era troppo tardi: ognuno aveva già scagliato il proprio sortilegio in modo non verbale e lei si trovava sulla linea di fuoco. In un istante la ragazza fu avvolta da una luce accecante che la sollevò dal suolo, non ebbe neanche il tempo di gridare, non si accorse di morire.



Romeo “O, what more favour can I do to thee,
han with that hand that cut thy youth in twain
To sunder his that was thine enemy?
Forgive me, cousin! Ah, dear Juliet,
Why art thou yet so fair? shall I believe
That unsubstantial death is amorous,
And that the lean abhorred monster keeps
Thee here in dark to be his paramour?
[ ...]
Will I set up my everlasting rest,
And shake the yoke of inauspicious stars
From this world-wearied flesh. Eyes, look your last!
Arms, take your last embrace! and, lips, O you
The doors of breath, seal with a righteous kiss
A dateless bargain to engrossing death!
Come, bitter conduct, come, unsavoury guide!
Thou desperate pilot, now at once run on
The dashing rocks thy sea-sick weary bark!
Here's to my love!"


”Che ho fatto!”

Mormorò Gellert impietrito dallo sgomento mentre il corpo senza vita di Ariana, dopo aver ondeggiato come una bambola di pezza, ricadde a terra, gli occhi cerulei erano sbarrati ma non vedevano più nulla: non videro Albus e Aberforth che accorrevano chiamando il nome della sorella, non videro Gellert che fissava la scena terreo in volto, incapace di parlare, pensare e perfino respirare.

”Ariana, ti prego rispondi...”

Mormorava Albus agitando furiosamente la bacchetta ed evocando tutti gli incanti curativi che gli passavano in mente.

”E’ inutile, è morta ed è tutta colpa tua e dei tuoi sogni di grandezza!

Lo rimproverò Aberforth, nella sua voce si mischiavano in egual misura il dolore per la perdita della sorella e il disprezzo per il fratello.

”Vattene, non toccarla, penserò io a lei, come ho sempre fatto!”

Aggiunse spingendo via Albus e prendendo in braccio Ariana, nella morsa gelida della morte sembrava più giovane dei suoi quattordici anni, una bambina addormentata per sempre. Col capo chino mormorando parole incomprensibili Aberforth salì mestamente le scale per portarla in camera, poi l’avrebbe distesa sul letto, lo stesso dove tante volte le aveva rimboccato le coperte, e infine avrebbe pianto la sua morte, in solitudine.

”E tu che fai ancora qui?”

Chiese Albus rivolgendosi a Gellert che era ancora immobile con gli occhi spalancati e le labbra socchiuse.

”Non rispondi? Potresti almeno avere il coraggio di farlo... per te ciò che è accaduto è solo un marginale incidente di percorso, ma per me e mio fratello è una tragedia, la seconda nell’arco di due mesi!”

Inveì scambiando il silenzio di Gellert per indifferenza.

”Non voglio più vederti e spera di non incontrarmi mai sulla tua strada perché allora te la farò pagare per tutto!

Gellert serrò la mascella e annuì, non aveva la forza di rispondere, non aveva neppure la forza di oltraggiarsi o infuriarsi, si sentiva mortalmente stanco, svuotato: nulla aveva più senso, tutto era vuoto e buio, come la sua anima straziata dal rimorso di ciò che aveva fatto.

*Poco importa chi sia stato a scagliare l’incanto fatale, è solo colpa mia se Ariana è morta... se io non l’avessi amata non avrei insistito tanto perché partisse con noi e Aberforth non si sarebbe intromesso... se lei non mi avesse amato non si sarebbe gettata avventatamente nella stanza e non sarebbe stata colpita... se non ci fossimo innamorati Ariana sarebbe ancora viva!*

Rimuginava fra sé mentre Albus, in preda all’ira e alla disperazione pronunciava frasi senza senso e lo minacciava con la bacchetta.

”Non ti agitare, ho capito, me ne vado per sempre... sentirai ancora parlare di me ma non mi rivedrai mai più!”

Mormorò con voce stanca e si smaterializzò, nel solito modo elegante e silenzioso.
Per molti anni Albus non ebbe più sue notizie finché seppe che Gellert aveva in parte realizzato i loro piani megalomani, allora fu lui a cercarlo per mettere fine alle sue scelleratezze ma non seppe mai il segreto che l’amico di un tempo avrebbe portato con sé nella tomba: l’amore travolgente per Ariana da cui tutto era partito e che avrebbe segnato ogni scelta della sua vita.


ATTO V


Gellert mantenne la promessa fatta ad Albus e assistette al funerale di Ariana in disparte, celato da un Incantesimo di Disillusione; nessuno lo vide ma lui c’era.

*Non potevo mancare per nulla al mondo... è l’ultimo saluto alle spoglie mortali della mia amata, non potrei né vorrei essere in nessun altro luogo!*

Pensava mentre la bara veniva calata nella fossa e coperta dalla fredda terra.
La cerimonia fu davvero triste e, per certi aspetti, desolante: nessuno pronunciò l'elegia funebre e, compresi i fratelli Silente, i presenti si contavano sulle dita di una mano. Il momento topico fu quando, raggiunto il cimitero e tumulato il corpo, Aberforth si scagliò contro il fratello e, con un pugno ben piazzato, gli ruppe il naso, che iniziò subito a sanguinare copiosamente. Poi, come se nulla fosse, posò sulla tomba un mazzo di violette (i fiori di cui Ariana, fin da bambina, amava il profumo intenso e l’aspetto fragile) e se ne andò. senza voltarsi indietro. Nel frattempo, i pochi convenuti alla cerimonia si raccolsero intorno al ferito per soccorrerlo, ma Albus li allontanò con un gesto perentorio e si sistemò da sé il naso offeso. Appena tutti se ne furono andati, lasciandogli via libera, Gellert si avvicinò alla lapide e lesse i nomi incisi: 'Kendra Silente e la figlia Ariana'.
Una lacrima gli solcò il viso. Accarezzò la dura pietra con infinita dolcezza, quindi, estrasse la sua bacchetta e la mosse come per scrivere, immediatamente, sotto le date di nascita e di morte apparve la frase: "Dove si trova il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore."



Romeo “I fear, too early: for my mind misgives
Some consequence yet hanging in the stars
Shall bitterly begin his fearful date
With this night's revels and expire the term
Of a despised life closed in my breast
By some vile forfeit of untimely death.
But He, that hath the steerage of my course,
Direct my sail! On, lusty gentlemen.”


Fissò a lungo nel vuoto e, con gli occhi della mente, rivide Ariana, sorridente e bellissima, circondata dalle margherite.

"Addio, amore mio… addio per sempre!"

Mormorò rivolgendosi alla sorda pietra, poi lasciò una singola margherita sulla tomba, si voltò e scomparve. Non avrebbe mai più rimesso piede in Inghilterra.


Epilogo – 28 marzo 1998


“Allora uccidimi, Voldemort, io accetto volentieri la morte! Ma la mia morte non ti darà quello che cerchi… ci sono tante cose che non capisci…”

Grindelwald, ormai vecchio e stanco sfidò il Signore Oscuro, piuttosto che rivelargli ciò che voleva sapere.

“Ti accontenterò, maledetto!”

Gridò in preda all’ira e alla frustrazione Lord Voldemort e puntò la sua bacchetta contro il mago, che lo guardò fieramente negli occhi mentre il lampo di luce verde lo colpiva, facendolo crollare esangue.
L’Oscuro Signore gettò uno sguardo distratto alla sua vittima ma, scorgere l’ombra di un sorriso sul suo volto, lo turbò.

“Che cosa potrà mai aver capito lui che io non so? In fondo sono io il più potente stregone oscuro di tutti i tempi!”

Così dicendo diede un calcio al corpo inerme, si voltò stizzito e volò via senza guardarsi indietro. Lo spostamento d’aria fece cadere alla mano di Grindelwald una foto che, dopo aver volteggiato leggiadra, si posò a terra.



Vi erano due giovani visibilmente innamorati che si abbracciavano teneramente, accarezzati dai raggi del sole di un’estate di oltre un secolo prima: il ragazzo era il diciassettenne Gellert Grindelwald e la fanciulla la quattordicenne Ariana Silente, che l’unica che avesse mai amato e che, per un crudele scherzo del destino, era morta a causa di quell’amore.
Grindelwald aveva sognato un nuovo ordine in cui i maghi sarebbero stati liberi di usare apertamente i propri poteri, aveva bramato di punire tutti i babbani per la colpa di tre bambini sciocchi e crudeli che avevano condannato la sua amata a una vita da reclusa, aveva sperato di cambiare le regole del gioco, non tanto e non solo per conquistare il potere quanto per creare un mondo migliore, in cui lei avrebbe potuto vivere felice e alla luce del sole.
Tutto ciò che aveva fatto, per quanto scellerato e folle potesse sembrare, era stato per il bene supremo… ma nulla aveva potuto minimamente lenire il dolore, la rabbia e il senso di colpa per causato, seppur involontariamente, la morte della sola donna che era stata capace di conquistare il suo cuore e di fargli conoscere, anche se per poco, la dolcezza dell’amore.
Le luci dell’alba penetrarono nella cella e un fascio obliquo illuminò il volto sereno e sorridente di Grindelwald, finalmente il vecchio mago aveva trovato la pace e, nell’abbraccio della morte, aveva raggiunto la sua Ariana, il bene supremo.

Romeo "How oft when men are at the point of death
Have they been merry! which their keepers call
A lightning before death: O, how may I
Call this a lightning? O my love! my wife!
Death, that hath suck'd the honey of thy breath,
Hath had no power yet upon thy beauty:
Thou art not conquer'd; beauty's ensign yet
Is crimson in thy lips and in thy cheeks,
And death's pale flag is not advanced there.
[…]
For fear of that, I still will stay with thee;
And never from this palace of dim night
Depart again: here, here will I remain
With worms that are thy chamber-maids; O, here
Will I set up my everlasting rest,
And shake the yoke of inauspicious stars
From this world-wearied flesh."