1 settembre - La verità

14,00 - vagone numero 15



Stavo lì, seduta, immobile. I pugni stretti.
Anacleto mi guardò con aria di comprensione. Mi sfiorò la guancia con un’ala.
Avrei dovuto capirlo subito. Quella ragazza era intelligente.
Non volevo mentirle, così cercai il coraggio per dirle la verità. Quella verità che nessuno conosceva.
“E’…” cominciai “E’ difficile da spiegare. Cioè, non ci ho mai provato. Beh, come dice nonno… C’è una prima volta per tutto!” mi sforzai un po’ di non farmi prendere dal panico, come accadeva quando pensavo ai miei occhi. Al lampo rosso del sangue che si sprigionava nelle mie iridi.
“Quando ero piccola, avevo la brutta abitudine di sgattaiolare via dalla casa della zia Calendula, e andarmene in giro per i boschi con il mio cagnolino, che avevo chiamato Mister Twinkie.”
Mi tremò la voce, e mi sentii stupida.
“Una sera d’estate, quando avevo circa sei anni, era andata in un boschetto. C’erano le lucciole, e io le avevo seguite fin dentro la boscaglia. Mister Twinkie mi aveva seguito. Continuavo a camminare nel buio, tra i rovi, ma non mi importava. Io seguivo solo le lucciole. Il cagnolino mi veniva dietro, docile. Poi ad un tratto, ha rizzato il pelo e ha alzato le orecchie. Si è messo a ringhiare. Ebbi paura. Attorno a me erano sparite tutte le lucciole, così non vedevo più dove mi trovavo. Mi ero persa.
Ricordo che abbracciai Mister Twinkie, che si mise ad abbaiare contro un cespuglio. Io non capivo perché, ma ero troppo spaventata per andare a vedere cosa fosse… Mister Twinkie, coraggioso, partì correndo e si tuffò nel cespuglio. Io lo rincorsi perché non volevo che si facesse male. Sbucai in una piccola radura. Era salita la nebbia, e faceva freddo. Io non capivo perché, un attimo prima faceva caldo… E ora sembrava inverno!” mi scappò una risata amara.
“Poi cominciai a vedere delle ombre strane nella foschia. Erano immobili. Udii Mister Twinkie che abbaiava, così andai avanti. Poi inciampai, e quando sollevai la testa, mi ritrovai faccia a faccia con un angelo di pietra. Ero finita nel cimitero dietro la casa.”
Anacleto ebbe un sussulto, e come se avesse compreso il mio stato di frustrazione, mi si accoccolò in grembo, pigolando sommessamente.
“Non riuscivo a scorgere Mister Twinkie da nessuna parte, e mi stavo preoccupando moltissimo.
Poi sentii un frusciare alle spalle, e mi voltai credendo che fosse il cagnolino, ma invece… Era un Gramo. Il cane fantasma che infesta i cimiteri. Rimasi impietrita, mentre quella creatura spaventosa si avvicinava. Era ormai a pochi centimetri dal mio viso. Io mi ero accoccolata contro una lapide, terrorizzata. Riuscivo a vedere il brillio dei suoi occhi, rossi. Poi davanti a me comparve Mister Twinkie, che si mise a ringhiare contro il Gramo. L’essere si avventò sul cagnolino, che si sacrificò per difendermi. Mister Twinkie finì sanguinante contro un albero. Non si mosse più. Cominciai a piangere, incurante del gramo, che tornava da me. Quando si slanciò in avanti per attaccarmi, mi coprii il volto con le mani. Così lui mi morse un braccio.”
Visto che ormai ero arrivata fino a quel punto, mi sollevai una manica della tunica. Vicino alla spalla, si notava chiaramente il solco lasciatomi dalle fauci del Gramo.
“Ebbi le convulsioni, per il dolore, e persi i sensi. Quando rinvenni, mi ritrovai in un lettino di un reparto speciale del San Mungo. Mia madre era disperata, e piangeva accanto a me. Quando vide che ero sveglia, mi abbracciò forte. Cercai di ricambiare l’abbraccio, ma non riuscii, perché qualcosa mi bloccava la spalla. Mi voltai per guardare cosa fosse, e vidi che il braccio sinistro era stato fasciato per intero. Mi raccontarono che la zia, non vedendomi tornare, aveva chiamato una squadra speciale della Polizia Magica, che aveva rastrellato i dintorni. Zia Calendula non aveva neanche potuto immaginare che io mi trovavo proprio dietro alla casa, così le ricerche erano proseguite inutilmente per tutta la notte. Mi avevano ritrovato all’alba, mi avevano trasportato all’ospedale e avevano avvisato i miei genitori, che erano tornati di corsa dalla Francia dove si trovavano per lavoro. Mi fecero degli esami del sangue, per vedere che non avessi contratto qualche malattia dal morso, ma era tutto a posto. Tornai a casa dopo una settimana. La mia vita proseguì normale fino alla notte di Halloween. La ferita, ormai cicatrizzata, prese a bruciare forte. Chiamai mia zia in soccorso, perché mi desse una pomata, o qualcosa perché facesse smettere quel dolore atroce. Ma quando lei aprì la porta della mia camera, lanciò un urlo. Poi corse fuori dalla stanza, e tornò con la sua bacchetta. Tentò di schiantarmi, mi lanciò delle fatture, incantesimi, e io non capivo perché…. Per sfuggirle, corsi fuori dalla casa, e mi ritrovai accanto ad un ruscelletto. Quando guardai nell’acqua… Vidi un lupo bianco, dagli occhi iniettati di sangue.”
Fuori aveva cominciato a piovigginare.
“La zia Calendula, quando capì, mi rinchiuse in una stanza e chiamò un medico del San Mungo. Nessuno capì cosa avevo contratto, e nessuno trovò un rimedio. Da quella notte tremenda io fui condannata a trasformarmi in Gramo ogni notte di Halloween. Per il resto, accade che quando mi arrabbio, o sono impaurita, i miei occhi diventino rossi, come quelli del cane fantasma.”
Ecco. Ora avevo detto tutto. Rimasi in silenzio aspettando l’inevitabile…


Justine O'Connell
III anno, Tassorosso