2. Per se stessa o per Draco?


Hermione rimase accanto alla McGranitt per tutta la durata dello Smistamento, voleva farle capire che aveva tutto il suo appoggio. E, anche se la cerimonia si svolse come gli anni precedenti, tutti avevano capito che il posto vuoto della preside serviva a commemorare ancora la memoria di Silente, sembrava quasi che con quel gesto si volesse credere, ancora per un attimo, per l'ultima volta, che il preside sarebbe ritornato da un lungo viaggio, pronto per ricoprire la sua carica come aveva sempre fatto.

Ma non sarebbe successo, non quella volta.

E ogni persona presente in quella stanza lo percepiva a modo suo: chi provava un senso di vuoto, chi sentiva che una parte di sé si era congelata e chi tentava in tutti i modi di non pensarci.

Nessuno l'avrebbe mai dimenticato, questo era certo.

Tutti avrebbero continuato a vivere, cercando di soffocare il dolore che era pronto a dilaniare la loro anima. Un dolore diverso, forte ed insistente, che non li avrebbe mai abbandonati. Si sarebbe affievolito, certo, ma sarebbe rimasto per sempre con loro, fino a fondersi con la loro anima, con ciò che erano. Una ferita indelebile, che, a differenza di un taglio, sarebbe rimasta per sempre, lasciando una cicatrice pronta a far più male di qualsiasi maledizione, di qualsiasi pugno.

-Ragazzi...- esordì la McGranitt -So bene che a questo punto vi aspettate un discorso di inizio anno, ma... non ci sarà, in via del tutto eccezionale. Farò solo le normali raccomandazioni: per tutti gli alunni è severamente proibito andare nella foresta proibita o comunque allontanarsi troppo dal castello da soli.- tutti la guardavano, mentre lei cercava di mantenere un tono di voce controllato, senza scoppiare a piangere.

Doveva essere forte, per se stessa e per gli altri. Ed era un peso che gravava solo sulle sue spalle.

Hermione le si avvicinò fluttuando e si mise accanto a lei e, quando la preside alzò lo sguardo, la ragazza si trovò a sorridere come per offrirle un appoggio, per ricordarle che lei poteva farcela, ne era in grado -Come ultima cosa vorrei presentarvi questo fantasma...- indicò Hermione, che fece un breve inchino -Lei è la Dama Bianca. Non vi creerà nessun problema a patto che voi non lo facciate a lei. È molto sveglia quindi non è da prendere sottogamba. C'è una sola cosa che dovete sapere: lei non parla, da quando è morta... non fa distinzione. È silenziosa e preferisce stare sola, piuttosto che in compagnia.- Hermione la guardò, con gli occhi tristi e con la tristezza che non voleva abbandonarla.

§ §

Draco camminava per i corridoi deserti. Aveva appena finito di cenare e si era subito alzato dal tavolo, per andarsene da quell'ambiente opprimente, nel quale gli riaffioravano alla mente troppi ricordi dolorosi, cose che lui avrebbe preferito dimenticare, con tutto il cuore. La luce del tramonto filtrava tra le finestre, illuminando la sua figura, la cui ombra danzava sulle pareti, fluttuando leggera. Voleva che la sua mente si svuotasse, lo desiderava ardentemente.

Ma sapeva che era impossibile.

Aveva già provato a cancellare parte della sua memoria con un incantesimo, poi con una pozione, ma senza risultato. Ed ora il suo braccio sinistro bruciava, ma non era il marchio a far male, era solo la consapevolezza di essere macchiato, per sempre. Una consapevolezza che lo faceva sentire solo, sempre più solo mano a mano che passavano i minuti, le ore, i giorni: tutte le persone che incappavano sui suoi passi, si allontanavano e cambiavano strada.

Lui era Draco Malfoy, dopotutto. Cosa si sarebbe dovuto aspettare?

Di certo non un tappeto rosso cosparso di petali di rosa, ne tanto meno applausi scroscianti per le sue gesta.

Lui non era Harry Potter.

Era peggio, molto peggio: secondo lui era solo un cumulo di ghiaccio travestito da persona, malvagia oltretutto. E non poteva fare niente per cambiare le cose. Ci sarebbe voluto un miracolo oppure... oppure una persona pronta a guardare attraverso tutto quel ghiaccio. Un miracolo, appunto. E lui era certo che non sarebbe mai avvenuto, mai.

§ §

Hermione sospirò, cercando di non pensare alla tristezza che aveva provato quando la McGranitt aveva detto che lei non avrebbe più parlato, non con gli alunni, almeno. Fluttuava lentamente, andando da un corridoio all'altro, attraversando dei muri.

Se era un fantasma tanto valeva comportarsi come tale, no?

Così stava facendo pratica ad attraversare gli oggetti solidi, molto solidi visto che era anche riuscita ad andare a sbattere contro un muro, senza nemmeno sapere come aveva fatto. Fluttuava, con una stramaledettissima voglia di mettersi ad urlare, per esternare il suo dolore, il vuoto che sentiva nella sua anima. Un vuoto che era certa non sarebbe mai riuscita a colmare, neanche con anni e anni a disposizione. Era sola, con delle faccende in sospeso da terminare... e non sapeva nemmeno di quali faccende doveva occuparsi.

Insomma, chi tiene il conto delle faccende in sospeso?

Be'... lei non l'aveva di certo mai fatto, anche se avrebbe dovuto cominciare. Sbuffò, senza riuscire a cacciare via quei pensieri che la tormentavano.

Ma una cosa, solo una, per lei era una certezza: non si sarebbe arresa. Era una Grifondoro, dopotutto.

-Merda!- una voce riscosse la ragazza dai suoi pensieri. Hermione girò la testa, per vedere a chi apparteneva la voce, anche se era certa che fosse di qualcuno che conosceva. -Merda!- ripeté con rabbia. Hermione fluttuò, avanzando lentamente: chi stava parlando? Poi, quando abbassò lo sguardo, lo vide: era seduto, con la schiena appoggiata ad un muro e la testa rivolta all'indietro. Aveva gli occhi chiusi e qualche ciuffo ribelle era ricaduto dolcemente sul suo viso, capelli biondi, quasi color platino. Avrebbe potuto benissimo credere di aver visto un angelo, se solo non avesse conosciuto fin troppo bene quel ragazzo.

Ma era così sicura di conoscerlo veramente bene?

Era Draco Malfoy, l'ultima persona in assoluto che avrebbe voluto vedere.

Anche se, di lì a poco, non sarebbe stata certa nemmeno di quello.

-Merda!- ripeté lui, sbattendo un pugno contro il freddo pavimento di pietra -Ora dove diavolo devo andare?- chiese a se stesso. Hermione lo guardò, fermandosi a fissarlo per quello che parve un'eternità. Draco aprì gli occhi e sussultò: aveva il viso del fantasma a pochi centimetri dal suo. La ragazza sobbalzò, indietreggiando, con un lampo di paura negli occhi.

Cosa temeva? Draco o se stessa?

-Non volevo spaventarti.- disse lui, alzandosi. Hermione sgranò gli occhi, sorpresa da quelle parole. -Sono Draco Malfoy, piacere.- continuò, con un tono sorprendentemente calmo. La ragazza non sapeva cosa fare: era allibita; così indietreggiò ancora. -Dove vai?- le chiese, in un sussurro -Non devi avere paura...- le stava parlando come ad un animale selvatico, che può scappare da un momento all'altro. Hermione tremò ed era impossibile che la causa fosse il freddo: lei non lo poteva sentire. -Sono talmente spregevole che anche una ragazza morta anni fa ha paura di me?- domandò lui, e lei non seppe dirsi a chi lui si stava rivolgendo. -A quanto pare sì- sospirò, tornando a sedersi sul pavimento gelido.

Hermione lo fissò per qualche istante, cosa doveva fare?

Il ragazzo chiuse di nuovo gli occhi. Era veramente solo ed in quell'istante gli era parso di esserlo più che mai. Ed aveva sulle spalle una decisione più grande di lui, che poteva decretare la vittoria di uno o di un altro schieramento, del bene o del male.

Draco sospirò, cosa doveva fare?

Hermione si decise a fluttuare lentamente, avvicinandosi cauta a lui. Riusciva a vedere il suo petto che si alzava e si abbassava ritmicamente, con una lentezza esasperante.

Almeno lui era ancora vivo.

Il pensiero di Draco tornò al fantasma, e si ricordò di Mirtilla Malcontenta, alla quale aveva raccontato piccoli pezzi del suo passato, non tutto: la maggior parte dei suoi ricordi erano chiusi a chiave nella sua mente. Invidiava quella ragazza, quel fantasma bianco che indossava una maschera.

Almeno lei era ancora viva, dentro, nella sua anima.

Hermione tornò a fissarlo, come poco prima. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso: era come se quel ragazzo contenesse una calamita con un polo opposto a quella che aveva lei.

Due calamite destinate ad unirsi.

Draco si sentiva osservato, ma non come al solito. Ordinariamente veniva fissato con odio o con desiderio, ma questa volta percepiva uno sguardo dolce, lieve che lo sfiorava come un soffio di vento o come il volo di una farfalla. Uno sguardo magnetico, ecco come lo definiva.

Due poli opposti con molto in comune.

La ragazza si sentiva strana, diversa dal solito. Tese lentamente una mano, ma la ritrasse immediatamente. Cosa voleva fare? Stese nuovamente il braccio, per sfiorare il suo viso.

Un angelo fuori, ma un diavolo dentro.

Strano, visto tutto il ghiaccio che aveva a circondare la sua anima. Forse quel ghiaccio poteva essere sciolto solo dalle fiamme dell'inferno in cui lo stava gettando il padre, in modo brutale e senza pensarci due volte. Oppure bastava uno sguardo?

Uno sguardo puro, privo di pregiudizi, che sa osservare oltre lo spessore del ghiaccio.

Draco avvertì come un soffio, un soffio d'aria fredda che gli sfiorava la guancia. Un tocco freddo, quasi gelido.

Che, però, riuscì a riscaldare il suo cuore per un breve istante.

Hermione ritrasse la mano, come scottata. Aveva sentito, aveva sentito il calore che emanava la sua pelle, il suo corpo. Nonostante credesse che Draco Malfoy fosse fatto di ghiaccio e lei fosse un fantasma... l'aveva sentito. I fantasmi non possono sentire freddo né tanto meno il caldo, ne era certa.

Allora perché lei percepì quel calore? Perché in quell'istante la sua mano riacquistò il tatto?

Perché con lui??

Draco aprì gli occhi, ma questa volta era preparato a vedere quel viso coperto da una leggera maschera e si limitò a sorridere.

Non era solo. Non completamente, almeno.

La ragazza sgranò gli occhi, prima di ricambiare con dolcezza il sorriso. Allora Draco Malfoy non possedeva solo i suoi ghigni, ma anche un sorriso.

Un sorriso che la fece tremare e vacillare su tutte le sue convinzioni.

§ §

-Non è stata la stessa cosa...- Ron sospirò, sedendosi sul divano nella Sala Comune dei Grifondoro.

-No, non lo è stata- concordò Harry a testa bassa.

-Non c'era Hermione a rimproverarci perché non ascoltavamo il discorso d'inizio anno e non c'è ora a spiegarcelo...- Ron si girò verso il camino, cominciando a fissare le fiamme.

-Non c'è stato il discorso di Silente... sarebbe stato diverso comunque... troppo diverso- Harry si sedette accanto all'amico. -Questa guerra deve finire: ci sono già state troppe vittime...- disse, sicuro. Non c'era nessun altra possibilità, si poteva solo vincere o perdere una guerra che avrebbe cambiato tutto, in bene o in male, per sempre.

§ §

Draco guardava Hermione, Hermione guardava Draco.

E per loro non c'era nient'altro.

-Non hai paura di me...- constatò lui, sentendo il peso che aveva sullo stomaco sempre più leggero. La ragazza gli sorrise, senza nemmeno sapere il perché di quel gesto.

O forse il suo cuore, la sua anima dietro la maschera, l'aveva capito?

-Sei la Dama Bianca, vero?- chiese retoricamente: non l'aveva persa di vista nemmeno per un attimo durante la cena, l'aveva guardata fino a quando lei aveva abbandonato la Sala Grande. Hermione annuì, senza nascondere l'amarezza che le passò come un lampo negli occhi. -Preferiresti non esserlo?- azzardò lui, senza interrompere il contatto visivo che avevano i loro occhi, ormai incatenati.

Come aveva fatto a capirlo da uno sguardo? Come aveva fatto a leggerle dentro?

Lei non gli rispose, si limitò a girarsi. Non voleva guardarlo negli occhi. Sembrava che lui sapesse mettere a nudo la sua anima, meglio di quanto lei stessa era capace. E aveva paura.

Cosa temeva? Draco o se stessa?

Il ragazzo la guardò, sorpreso. Perché si era comportata in quel modo? Era stata colpa sua? Hermione, d'altro canto temeva di scoprirsi troppo, temeva che lui potesse riuscire a capire cose che lei non sapeva.

Aveva paura di scoprire cose di se stessa che non avrebbe mai potuto, mai voluto, immaginare.

-Anch'io...- mormorò Draco, senza pensare se valeva la pena parlare con lei o fare finta di niente ed andare al suo dormitorio.

Voleva dirlo, e l'aveva fatto.

Hermione si girò, ancora più sorpresa di prima. Non era certa di aver capito bene quello che intendeva dire il ragazzo. -Anch'io.- ripeté lui, questa volta più sicuro di se stesso -Preferirei non essere ciò che sono.- aggiunse, alzandosi.

Perché era riuscito a far vacillare tutte le sue certezze? Come?

Lei tornò a guardarlo, senza riuscire a nascondere il suo stupore. -So che può sembrare strano...- disse Draco, come leggendole dentro -Ma... preferirei non essere Draco Malfoy...- il ragazzo sorrise, amaramente. Hermione lo guardò negli occhi

Cos'era quello che vide nei suoi occhi? Tristezza? Paura? Voglia di non arrendersi?

O erano semplicemente gli occhi di un ragazzo che non vuole agire come una marionetta?

-Hai voglia di accompagnarmi fino alla Sala Comune dei Serpeverde?- le chiese, ricevendo come risposta uno sguardo sorpreso -Cosa credi?- aggiunse -Che io ho voglia di rimanere qui per tutta la notte?- domandò, guardandola di sbieco.

Perché prima sembrava umano, un ragazzo come tanti, ed ora era tornato il solito ghiacciolo?

Chi era lui? Chi era veramente?

Hermione scosse leggermente la testa, forse si era sbagliata, la sua condizione poteva averle fatto capire cose che in realtà non erano vere. Era una possibilità. Oppure lui era così di suo.

Oppure aveva paura di mostrare ciò che era veramente e di rimanere ferito?

-Allora? Vieni?- le domandò di nuovo. Lei scosse la testa. -Dai non fare la difficile...- le si avvicinò lentamente, mentre lei indietreggiava ad ogni passo. Come avrebbe voluto parlare, potergli fare milioni di domande, potergli dare consigli.

Ma soprattutto avrebbe dato tutto ciò di cui era in possesso per ascoltarlo, per capire cosa si nascondeva dietro il suo ghiaccio.

Per capire chi era lui. Chi era veramente.

Hermione si girò e cominciò ad allontanarsi, fluttuando. Non voleva stare con lui, non voleva essere costretta a subire le sue frecciatine senza potergli rispondere. Non voleva, punto.

O aveva paura?

Di cosa? Di Draco o di se stessa?

Non oltrepassò nemmeno un muro, continuò ad andare avanti in quel corridoio ormai buio. Non sapeva dove stava andando. Voleva solo allontanarsi da lui, il più possibile.

Voleva allontanarsi da Draco o da se stessa?

Sarebbe riuscita a farlo? O era costretta a convivere con ciò che era?

Entrò in una stanza, convinta di essersi allontanata da lui e di averlo seminato. Si guardò intorno, cercando di capire dove si trovava. La stanza era vuota, tranne che per un pianoforte, posto accanto alla finestra. Gli si avvicinò lentamente ed osservò i tasti bianchi e quelli neri, l'uno accanto all'altro. Combaciavano perfettamente ed erano in perfetta armonia. Lei sarebbe mai riuscita ad esserlo? Sarebbe potuta stare in armonia accanto a qualcuno? Con qualcuno? Lei era compatibile con un ragazzo in quel mondo? Non le doveva interessare, era un fantasma... ma sentiva un senso di vuoto, dentro. Avrebbe trovato quel ragazzo? Lei non poteva saperlo.

La compatibilità di due persone è determinata dalle loro anime.

Cos'aveva deciso la sua?

-Da cosa stai scappando?- Hermione girò la testa e sgranò gli occhi per lo stupore: Draco l'aveva raggiunta, l'aveva trovata. -Almeno potevi chiudere la porta...- aggiunse, chiudendola lui, alle sue spalle. Lei lo ignorò, tornando a fissare il pianoforte. -Mia mamma lo sa suonare. Voleva che imparassi anch'io...- Draco la guardò e fece pochi passi, per avvicinarsi a lei. -Ma mio padre crede che non siano cose da maschi... e non le ha permesso di insegnarmelo...- la ragazza lo guardò -Sai suonare?- le chiese.

Perché si interessava a lei? Perché voleva metterla al corrente della sua infanzia?

Hermione annuì, allungò una mano per sfiorare il piano. Le dita oltrepassarono i tasti senza nessuno sforzo, ma la nota non suonò. Una cosa così piccola, così vicina, poteva offrirle una briciola di felicità.

Allora perché non ci arrivava?

Perché non ci accorgiamo che la felicità è vicina se non nei momenti in cui non possiamo averla?

Perché non capiamo che per avere ciò che vogliamo basta allungare la mano per prenderlo fino a quando in nostro braccio è troppo corto per arrivarci?

La ragazza voleva piangere, ancora. Ma le lacrime non potevano scendere lungo le sue guance, anche se lei avrebbe tanto voluto il contrario. Riprovò nuovamente a suonare una nota, ma per la seconda volta le sue dita attraversarono i tasti senza suonare. -Lascia stare... non puoi farlo...- Draco le si avvicinò ancora.

Perché una cosa fa più male quando la si ammette ad alta voce?

Hermione lo guardò, prima di tornare a fissare i tasti. Quella perfezione che lei non avrebbe mai potuto raggiungere, che nessuno avrebbe saputo lontanamente avvicinare. E si sentì sola. Nessuno pronto a capirla, nessuno pronto ad ascoltarla e dei tasti immobili, che non suonavano sotto il suo tocco.

Perché nessuno aveva fiducia in lei?

La ragazza toccò nuovamente i tasti. Ancora nessun suono. Ma lei doveva farcela, voleva.

Ne era in grado.

E quando tocco i tasti per la quarta volta una nota si disperse nella stanza, per poi attraversare corridoi, aule aperte e stanze chiuse.

Un do si stava disperdendo per il castello.

Una nota. Suonata dalle sue dita.

Lei era stata in grado di farlo.

Per chi? Per se stessa o per Draco?